Il tema della maschera è molto interessante nella storia dell'arte. Il suo uso è testimoniato fin dall'antichità, ma lo ritroviamo anche dell'arte contemporanea.
La maschera è strumento teatrale per eccellenza che permette di assumere una diversa identità. Talvolta la sua funzione è cultuale e magica e permette di assumere il ruolo di chi interpreta forze naturali o divinità che vengono fatte intervenire nel corso di manifestazioni di natura cultuale-religiosa.
La maschera nasconde e rivela lati nascosti della personalità e, come ci insegna Luigi Pirandello nella sua opera Uno, nessuno, centomila, spesso assumiamo delle 'maschere' per nascondere quello che siamo e per compiacere chi ci sta intorno rendendo molto difficile instaurare rapporti veri:
'Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.'
(il link, associato al titolo dell'opera di Pirandello, rimanda ad una pagina di ricerca di Google con le copertine del romanzo)
Alcuni esempi di maschere dall'antichità ad oggi
Le due maschere, tragica e comica, del teatro latino. Mosaico del I secolo a.C. (Musei Capitolini)
immagine di Carole Raddato from FRANKFURT, Germany (FollowingHadrian); Pubblico dominio
esempi di maschere del teatro greco
Picasso e l'influenza dell'arte africana sul cubismo
Mbangu mask; wood, pigment & fibres; height: 27 cm; by Pende people; Royal Museum for Central Africa. Representing a disturbed man, the hooded V-looking eyes and the mask's artistic elements – face surfaces, distored features, and divided colour – evoke the experience of personal inner conflict
Pablo Picasso, Les Demoiselles d'Avignon, oil on canvas, 244 x 234 cm, Museum of Modern Art, New York
Tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, in diverse città europee si tennero delle mostre etnografiche sulle culture primitive. Pare che inizialmente lo scopo fosse quello di mettere in luce la superiorità dell'Occidente nei confronti dei popoli colonizzati e così giustificare la presenza 'civilizzatrice' dei paesi europei. Tuttavia, proprio dal contatto con i manufatti di queste popolazioni nacque un interesse degli artisti nei confronti di quello che, con un termine generale, possiamo definire primitivismo.
L'interpretazione che ne danno gli artisti appare piuttosto influenzata dal pensiero illuminista di Jean Jacques Rousseau che sosteneva come le popolazioni primitive vivessero in uno stato di natura nel quale l'uomo era felice e in rapporto autentico con la natura e con la società. Secondo questa visione la modernizzazione della società era causa di diseguaglianze ed infelicità.
È bene, però precisare che col termine 'primitivismo' non si intendeva soltanto un'attenzione all'arte tribale africana, ma a tutte le forme di espressione artistica o decorativa popolare.
Seguendo questo mito, Gauguin abbandonò la Francia per trasferirsi a Tahiti, Matisse fece diversi viaggi in Oceania, Modigliani e Picasso guardarono all'arte africana, mentre Kandinsky si rifece all'arte popolare russa e, in un certo senso, molti artisti guardarono all'arte nipponica.
Torniamo ora a Picasso che sicuramente aveva visitato una delle mostre etnografiche che si erano tenute a Parigi.
Il confronto con le interpretazioni apparentemente rozze e deformate della figura umana, e in particolare del volto, permisero a Picasso di capire quale fosse la strada per allontanarsi dalla copia della realtà (mimesi) alla ricerca di una nuova dimensione 'moderna' dell'arte.
Quindi il primitivismo delle maschere africane insieme alla visione simultanea, figlia della visione di Cézanne, permettono la nascita del cubismo.