Periodo artistico e culturale che si sviluppò a Firenze e da qui si diffuse in tutta Europa a partire dalla metà del XIV secolo fino alla fine del XVI secolo. Il termine venne inventato da un gruppo di intellettuali che frequntavano la corte di Lorenzo de' Medici per indicare il rinnovamento delle arti attraverso la riscoperta degli antichi.
È la rinascita della civiltà classica che porta a creare qualcosa di nuovo.
Concetti fondamentali
La riscoperta dell'antico porta ad una nuova civiltà
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In Italia nel Quattrocento, nasce un nuovo interesse per la cultura classica in tutti i suoi aspetti: gli intellettuali e i letterati studiano il latino e il greco, la letteratura antica, la filosofia, la storia.
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Pittori, scultori e architetti vanno a Roma per osservare e disegnare i monumenti e le statue dell'arte greca e romana che vengono portate alla luce casualmente durante la costruzione di nuovi edifici. Non si limitano però a copiarli: ne assimilano gli elementi più importanti per riproporli in opere originali e nuove.
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Si formano le prime collezioni di opere greche e romane alla corte dei signori che si affermano politicamente in questo periodo, come per esempio alla corte fiorentina di Lorenzo il Magnifico.
L'uomo è misura e centro della realtà
Prospettiva lineare:
metodo basato sulla matematica che serve a rappresentare la profondità dello spazio e il volume delle figure su una superficie bidimensionale.
Le regole della prospettiva vennero descritte per la prima volta dall'architetto fiorentino Filippo Brunelleschi (1377 – 1446) e meglio precisate da Leon Battista Alberti, architetto genovese (1404 – 1472).
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L'uomo, in quanto capace di pensare e sentire, è al centro degli interessi degli intellettuali e degli artisti.
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Con le sue capacità, l'uomo è in grado di conoscere ciò che lo circonda attraverso la ragione e attraverso la scoperta di regole scientifiche e matematiche.
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Rinasce un profondo interesse anche nei confronti dei filosofi e matematici arabi le cui opere erano state salvate dalla cura degli amanuensi medievali negli scriptoria dei monasteri.
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Come nella cultura classica, l'uomo viene considerato 'misura di tutte le cose', riferimento di ogni cosa nell'universo.
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Per rappresentare la realtà in cui vive l'uomo, viene inventata la prospettiva lineare, un metodo che permette di riprodurre lo spazio su una superficie piana per mezzo di regole matematiche.
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Leonardo da Vinci, artista, ma soprattutto grande studioso del periodo rinascimentale, osservando la natura, arriva a comprendere perché gli oggetti lontani ci appaiono sfocati e di colore incerto, tendente all'azzurro. Al fenomeno che osserva da il nome di prospettiva aerea e lo spiega come veli di aria che si frappongono tra l'occhio dell'osservatore e l'oggetto.
Simmetria e proporzione in architettura
a misura d'uomo: nel Rinascimento il corpo umano diventa l'unità di misura in base alla quale calcolare le proporzioni degli edifici.
modulo: unità elementare con cui si misura o si dà forma a una struttura complessa. Nell'architettura rinascimentale, si tratta di un riquadro contenente una o più figure geometriche che viene ripetuto più volte in modo da dare proporzioni equilibrate ad un edificio.
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I monumenti e le antiche rovine che ancora si conservavano a Roma sono la fonte di ispirazione degli architetti rinascimentali.
Da questi, essi riprendono i concetti di
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simmetria e di
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proporzione delle forme,
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gli elementi decorativi e
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l'utilizzo degli ordini architettonici che applicano per riprogettare con rigorosa armonia i nuovi edifici.
Gli architetti rinascimentali cercano di creare la giusta proporzione che permetta di armonizzare l'edificio e di progettarlo a misura d'uomo. Per raggiungere il loro obiettivo, si basano su regole geometriche e sull'uso del modulo.
La natura come modello
Il termine corretto, in questo periodo della storia dell'arte, per descrivere la tendenza degli artisti a rappresentare l'uomo e il suo mondo in modo più fedele, è naturalismo.
Il Realismo, infatti, è un movimento artistico che appartiene all'Ottocento, quindi si evita di usare questo termine per non fare confusione.
l'artista rinascimentale
Pittori e scultori studiano l'anatomia del corpo umano per rendere meglio gesti e movimenti, oltre che forme e proporzioni, ma anche per riuscire a raffigurare sempre meglio i sentimenti.
La natura diventa il modello da imitare: pian piano si abbandona l'uso del fondo oro nei dipinti; i paesaggi e lo spazio vengono rappresentati in modo più realistico. L'uomo è rappresentato inserito nel suo ambiente, sia naturale che urbano.
Il concetto stesso di artista cambia nel Rinascimento. Per tutto il Medioevo l'artista era considerato come un decoratore dotato di capacità tecniche, ma privo di capacità intellettuali.
Nel Rinascimento, invece, l'artista viene riconosciuto sia come esperto nelle discipline tecniche, ma anche come un intellettuale. Le opere diventano dei testi visivi complessi che esprimono in tutto e per tutto il clima culturale del tempo di cui l'artista si fa interprete originale e che nascondono messaggi che solo persone altrettanto colte possono comprendere pienamente.
Non mancano i casi di artisti che ci lasciano anche testi poetici e letterari, come Michelangelo Buonarroti, o studi scientifici, come Leonardo da Vinci.
Lo Spedale degli Innocenti di Firenze
LETTURA DELL'OPERA
Il Tondo Doni
Michelangelo Buonarroti, dipinse il Tondo Doni tra il 1505 e il 1506. L'opera, che ritrae la Sacra famiglia, gli venne commissionata dal mercante fiorentino Agnolo Doni, in occasione della nascita della figlia primogenita. Questo è l'unico dipinto su tavola sicuramente attribuito a Michelangelo.
L'opera, conservata presso la Galleria degli Uffizi di Firenze, ha una forma circolare, diffusa fin dal primo Rinascimento (1400) per opere di devozione privata [cioè opere di soggetto sacro realizzate per essere poste in una casa privata e non in un luogo di culto].
Il formato circolare, utilizzato fin dall'epoca romana per racchiudere ritratti di personaggi illustri, viene utilizzato nel Rinascimento anche per soggetti diversi. come per esempio le decorazioni, con figure di bambini in fasce, realizzate da Andrea della Robbia nella seconda metà del Quattrocento per la facciata dello Spedale degli Innocenti.
Suggestivo, è il riferimento alle cosiddette 'tavole da parto': si tratta di vassoi circolari, dipinti su entrambe i lati, che venivano generalmente donati alle donne di famiglie dell'alta società in occasione del matrimonio o del parto. Questo oggetto, utilizzato per nutrire la puerpera [la donna che aveva da poco partorito] nel corso dei quaranta giorni che seguivano la nascita, durante i quali la donna doveva tradizionalmente riposare a letto per riprendersi dalle fatiche del parto, era spesso dipinto da importanti artisti del tempo e, poteva essere appeso alla parete come un quadro.
La tavola da parto (o 'desco da parto') poteva essere decorata con scene legate alla nascita, in chiave religiosa o profana, oppure con figure allegoriche o riferimenti a soggetti letterari. Sul retro della tavola di legno, venivano raffigurati i simboli araldici della famiglia di appartenenza o scene familiari. Due esempi che ci sono arrivati, sono il Desco da parto di Masaccio , con la Natività di Gesù (1423) e Il Desco da parto del Pontormo (1526) con la Natività di Giovanni Battista.
Michelangelo aveva già rappresentato il tema della Natività in due opere scultoree ad altorilievo nel cosiddetto Tondo Pitti, con la Madonna con bambino e San Giovannino (1503 ca.) e nel Tondo Taddei, sullo stesso soggetto (1504-1505 ca.).
Prima di addentrarci nell'analisi particolareggiata dell'opera, come sempre, dedichiamo qualche momento ad uno sguardo generale.
Il Tondo Doni ci è giunto completo di cornice scolpita che, come si legge nella scheda dell'opera presente sul sito della galleria degli Uffizi, sembra fosse stata disegnata dallo stesso Michelangelo (rimando alla suddetta scheda per una descrizione più precisa).
Il dipinto è stato realizzato con la tecnica della tempera grassa che testimonia l'evoluzione rinascimentale della tecnica pittorica, grazie all'innovazione di Jan Van Eyck che, nei Paesi Bassi, inventa la pittura ad olio. La diffusione nel resto d'Europa è immediata, anche se attraverso un percorso graduale che vede un'aggiunta di olio di lino al classico impasto della tempera all'uovo tradizionale - la tempera grassa, appunto. Ricordo che in Italia fu Antonello da Messina l'artista che introdusse questa tecnica innovativa, insieme ad altri elementi derivati dall'osservazione delle opere di Van Eyck, quali il fondo scuro e una rappresentazione dettagliata della realtà. Questa tecnica permette di ottenere colori decisamente più brillanti e consente agli artisti di lavorare sulle loro opere per un tempo maggiore.
Il dipinto presenta una scena ambientata all'aperto. L'opera è dominata dal gruppo di figure in primo piano che occupa la maggior parte dello spazio della tavola (specialmente in altezza) e che, a causa della distribuzione dei colori, si staglia sui piani sottostanti, caratterizzati da colori più tenui e sostanzialmente monocromi.
Il dipinto appare distinto in zone ben definite, quali lo sfondo, una fascia orizzontale intermedia, un muretto di separazione, ed infine, il gruppo in primo piano costruito all'interno di una piramide, che è costruzione tipica del Rinascimento.
Specialmente nel gruppo di figure in primo piano si può notare un grande dinamismo e una costruzione molto plastica dei corpi che ci ricorda come Michelangelo fosse scultore prima che pittore.
L'opera è profondamente rinascimentale e ci permette di illustrare i principali temi alla base del Rinascimento.
Cominciamo ad esaminare il dipinto partendo dallo sfondo e venendo progressivamente in avanti fino a raggiungere il primo piano. Quando individuiamo un aspetto particolare relativo al Rinascimento, spieghiamo di cosa si tratta. È importante non lasciare nulla di sottinteso.
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sfondo: lo sfondo, visibile ai lati delle figure poste in primo piano, è occupato da un cielo terso, dipinto con un azzurro leggero. Non sono presenti nuvole e possiamo osservare che il cielo è più chiaro e luminoso in basso e man mano più intenso salendo verso l'alto. Oltre al cielo, nella parte più bassa si vedono delle montagne dipinte con lo stesso colore del cielo, ma un po' più intenso. Possiamo individuare delle montagne più lontane e una catena di montagne più vicine, caratterizzate da una sfumatura leggermente più intensa rispetto a quella della catena di montagne più lontane. Specialmente a destra, possiamo osservare che le montagne sono illuminate dalla luce che proviene da sinistra. In questo modo, il pittore dà tridimensionalità alle rocce. Scendendo, la tonalità grigio-azzurra comincia a mescolarsi con un verde e possiamo individuare a sinistra una distesa molto leggera che potrebbe descrivere dell'acqua (fiume o lago), mentre a destra il verde più intenso potrebbe descrivere un prato. Anche in questo caso, sono presenti delle zone più o meno luminose, dovute alla posizione del sole scelta dall'artista. Lo sfondo appena descritto è ottenuto applicando la prospettiva aerea, una delle grandi invenzioni del Rinascimento, descritta da Leonardo da Vinci. Leonardo, uomo rinascimentale per eccellenza, osserva la natura intorno a sé e cerca di comprenderne i meccanismi con uno sguardo razionale (oggi diremmo scientifico). Leonardo osserva che gli oggetti più sono lontani dall'occhio dell'osservatore, meno sono definiti: Leonardo comprende che questo fenomeno ottico è dovuto agli strati d'aria che sono posti tra l'occhio dell'osservatore e l'oggetto lontano. Pur essendo trasparente, l'aria contiene del pulviscolo in sospensione che riflette e irradia la luce del sole. Questa luminosità diffusa causa un cambiamento nella percezione di ciò che è lontano, non solo rendendolo meno definito, ma anche modificando il colore che si avvicina a quello del cielo. Da Leonardo in poi, tutti gli artisti rinascimentali utilizzano questo principio, insieme a quello della prospettiva geometrica, attraverso la quale si rende la profondità dello spazio. In questo dipinto, Michelangelo usa la prospettiva geometrica su tutti gli elementi presenti nel quadro, stabilendo che le dimensioni degli elementi vanno via via ingrandendosi, da quelli più lontani, come le montagne presenti sullo sfondo, fino ai personaggi posti in primo piano. Ricordiamo quindi che la prospettiva aerea riguarda la qualità del colore e la precisione con cui vengono delineati gli elementi, mentre la prospettiva geometrica riguarda essenzialmente le dimensioni degli elementi e la loro posizione nello spazio. Possiamo azzardare un'interpretazione del motivo per il quale MIchelangelo scelga di realizzare uno sfondo come questo per il Tondo Doni. Lo sfondo così descritto immerge la scena rappresentata nel quadro in un'atmosfera serena e colma di speranza.
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piano con figure nude: procedendo in avanti, incontriamo un piano che si sviluppa in orizzontale con una serie di figure maschili nude. Due figure sono collocate a sinistra mentre tre si trovano sul lato destro. Queste figure sono sedute o appoggiate ad una sorta di muretto che ha uno sviluppo in profondità, verso un punto di fuga che è nascosto dietro alle figure principali del primo piano. I personaggi, con capelli talvolta lunghi e raccolti, hanno degli atteggiamenti dinamici che ci permettono di immaginare che stiano conversando tra loro. I tratti sono regolari, ma non realistici; i corpi, ben delineati con l'utilizzo del chiaroscuro, rivelano dei giovani uomini dai corpi ben sviluppati. In tutta questa sezione i colori sono tutti nelle tonalità di un marrone chiaro. Alcuni mantelli, in varie posizioni, aggiungono delle tonalità un po' più intense. Questa scena si riferisce al contesto dell'antica Grecia e in particolare al periodo classico, nel corso del quale erano diffuse delle scuole di filosofia in cui gli allievi imparavano ad interrogarsi sui grandi temi della conoscenza umana proprio attraverso conversazioni che si tenevano generalmente all'aperto. Il modo in cui sono delineate le figure fa riferimento all'arte greca del periodo classico e ai conceeti fondamentali che lo caratterizzano: le proporzioni dei corpi tengono conto del canone di Policleto, una regola che permette di costruire figure sempre proporzionate prendendo come unità di proporzione la testa e prescrivendo che l'altezza totale della figura debba essere in totale 8 teste. La gestualità dei personaggi vuole dare movimento e naturalezza. Osservando i visi dei personaggi, ci rendiamo conto che non si tratta di visi realistici, ma costruiti basandosi sul concetto di bellezza ideale, un concetto che
Il Rinascimento a Brescia
Nel 1426 Brescia entra a far parte del territorio della Repubblica Veneta, alla quale rimane legata fino al 1797. Episodio che turba i quattro secoli di stabilità della sudditanza a Venezia è il terribile assedio delle truppe viscontee comandate da Niccolò Piccinino [1] che dura dal 1438 fino al 1440. Anche il breve intervallo di dominazione francese (1509-16) segnò un momento tragico della storia bresciana con uno dei più feroci saccheggi che si ricordi.
Brixia fidelis scrivono i Veneti dal XVI secolo accanto allo stemma della città che, riconquistata nel 1516, viene fortificata: il Castello è circondato da una seconda cerchia di mura, viene eseguita la "spianata", cioè la distruzione, per ragioni militari, di ogni edificio esterno alle mura cittadine per un miglio; viene scavata una trincea per separare il Castello dai Ronchi ed è terminata nel 1610 la ricostruzione della cinta muraria esterna rinforzata dai moderni baluardi di Canton Mombello e della Posterla.
Nei primi due secoli della dominazione veneta Brescia si trasforma da città medioevale in città che, pur al confine dei possedimenti, del potere della Serenissima è espressione di decoro e magnificenza.
Vengono redistribuiti gli spazi urbani (con l’apertura, soprattutto, delle piazze della Loggia e del Mercato), si creano nuove vie (viene coperto il torrente Garza) lungo le quali si allineano ordinatamente le case con facciate affrescate; un grande ospedale unifica i numerosi ospizi e, nell’attuale zona di piazza della Vittoria, viene organizzato un complesso sistema di spazi commerciali.
All’inizio del XVI secolo Brescia conta circa 40.000 abitanti e, dopo l’interruzione dell’occupazione francese, riprende il fervore costruttivo, reso possibile anche dalle nuove aree edificabili disponibili dopo l’abbattimento della Cittadella viscontea, sbarramento che ostacolava i traffici urbani, sempre più intensi.
Vengono redistribuiti gli spazi urbani (con l’apertura, soprattutto, delle piazze della Loggia e del Mercato), si creano nuove vie (viene coperto il torrente Garza) lungo le quali si allineano ordinatamente le case con facciate affrescate; un grande ospedale unifica i numerosi ospizi e, nell’attuale zona di piazza della Vittoria, viene organizzato un complesso sistema di spazi commerciali.
All’inizio del XVI secolo Brescia conta circa 40.000 abitanti e, dopo l’interruzione dell’occupazione francese, riprende il fervore costruttivo, reso possibile anche dalle nuove Il lungo periodo di pace porta ad un notevole sviluppo economico (con la produzione e lavorazione della lana, della seta e delle armi, immesse poi nelle vie commerciali che Venezia aveva aperto da tempo), ed a una buona fioritura delle scienze, delle lettere, dell'architettura, della scultura e, soprattutto, della pittura.
Il lungo periodo di pace porta ad un notevole sviluppo economico (con la produzione e lavorazione della lana, della seta e delle armi, immesse poi nelle vie commerciali che Venezia aveva aperto da tempo), ed a una buona fioritura delle scienze, delle lettere, dell'architettura, della scultura e, soprattutto, della pittura.
[1] Nel 1437 ripresero le ostilità tra Venezia e Milano e Brescia si ritrovò coinvolta nel conflitto. L'esercito della Repubblica, incalzato da quello visconteo (agli ordini del Piccinino), trovò una via di fuga in Valle Sabbia e lasciò la nostra città completamente sguarnita di fronte al nemico. Nel 1438 incominciò l'assedio e la cittadinanza intera si mobilitò per difendere i confini cittadini. Uomini e donne bresciani opposero strenua resistenza e riuscirono così a respingere gli assalti degli uomini di Piccinino. Vinto dal loro coraggio quest'ultimo decise di affamare la città bloccandole ogni via d'accesso. Brescia si trovò in ginocchio e Pietro Avogadro venne inviato a Venezia per chiedere aiuti. Il 14 giugno del 1440 Francesco Sforza, a capo delle milizie della Repubblica, riuscì a sconfiggere - presso Soncino - il nemico. Venezia diede l'appellativo di Brixia Fidelis alla città.
Dopo la pace di Lodi (1454) Brescia conobbe un periodo di serenità e di espansione economica, che perdurò per tutta la seconda metà del XV secolo. Il mondo dell'arte e dell'architettura ebbero a beneficiare di questa situazione, fu infatti in questo periodo che vennero eseguite diverse opere importanti: la Loggia, la Torre dell'Orologio, il Monte Vecchio di Pietà, la chiesa dei Miracoli, l'ospedale e molti altri palazzi, chiese e conventi. Vissero in questo periodo Vincenzo Foppa (1427 - 1515), il più illustre esponente della pittura lombarda, e Antonio Zurlengo, famoso architetto.
Tra il 1478 e il 1479 Brescia fu colpita dalla peste, si calcola che i morti furono all'incirca trentamila.
L'esercito veneto (cui erano aggregati 7.000 bresciani) venne sconfitto da quello della lega di Cambrai - ideata da Papa Giulio II e di cui faceva parte Luigi XII - nella battaglia della Ghiara d'Adda (1509). Brescia si spaccò in due: chi per Venezia, chi per i francesi. Alla fine, prevalsero questi ultimi e a Luigi XII vennero consegnate le chiavi della città.
Il popolo, come pure la borghesia e parte dei nobili, non gradì l'arroganza dei francesi e così il malcontento iniziò a dilagare. Nel 1512 Luigi Avogadro organizzò una ribellione per reintegrare Brescia a Venezia. La rivolta venne sedata e molti Bresciani vennero barbaramente uccisi dai soldati Francesi capeggiati da Gastone di Foix (sacco di Brescia).
Intanto nel 1510 Papa Giulio II sciolse la lega dei Cambrai e nel 1511 costituì una nuova alleanza con Venezia e Spagna (Lega Santa) contro l'alleato di un tempo: il re di Francia. Brescia era sotto il controllo dei Francesi (1512) quando l'esercito veneto cercò di assediarla, ma gli oppressori trovarono un accordo con gli spagnoli i quali si impossessarono della città. Venezia, considerando Brescia molto importante, si alleò con i Francesi nella speranza di riconquistare la città. Nel 1515 iniziò l'assedio e il conseguente bombardamento franco - veneto, gli spagnoli resistendo tenacemente. Fu solo l'anno seguente (26 maggio 1516) che vide gli Spagnoli finalmente arresi e Brescia nuovamente veneta, giorno di grandissimo gaudio per tutta la cittadinanza.
Essa fu avviata dal caposcuola della pittura lombarda del Quattrocento, Vincenzo Foppa (1427 circa 1515) ed il suo insegnamento fu accolto da tre maestri del Cinquecento bresciano: Romanino (1485-1566), Moretto (1498 – 1554) e Savoldo (1480 - 1540) non esenti dagli influssi esercitati da grandi pittori dell’area veneta, primo fra tutti Tiziano che dipinge per il nobile bresciano Altobello Averoldi uno dei suoi capolavori giovanili, il polittico Averoldi (1522), per la chiesa dei SS. Nazaro e Celso (dove a tutt’oggi è conservato).
La città aveva subito importanti trasformazioni, che non solo servivano a renderla una città più sicura, ma avevano lo scopo di dichiarare più marcatamente il lusso, l’importanza e il fasto del potere dominante, la Serenissima Repubblica di Venezia. Gli artisti locali si adeguano al nuovo gusto che proviene dalla Laguna e le grandi famiglie aristocratiche fanno a gara per rendere le proprie abitazioni sempre più lussuose e moderne, arricchendole di immagini sia all’esterno che all’interno.
Il Rinascimento bresciano
è una delle declinazioni principali dell'arte rinascimentale in Italia. L'importanza della città sulla scena artistica si espanse solo a partire dal Cinquecento, quando artisti forestieri e locali diedero origine a un'originale sintesi dei modi lombardi e veneziani, grazie anche alla particolare posizione geografiche della città: territorio conteso tra Milano (e i suoi dominatori) e Venezia. I maestri bresciani furono all'origine di una "terza via" del Rinascimento maturo, dopo quella romano-fiorentina e quella veneziana.
Gli albori
I primissimi, vaghi accenni a un nuovo gusto decorativo e compositivo che sorpassasse il gotico internazionale si ebbero, in campo pittorico, in alcune opere "calate dall'alto" nella Brescia medievale quattrocentesca, in primis il Polittico di Sant'Orsola di Antonio Vivarini per la chiesa di San Pietro in Oliveto. L'opera ebbe influenze notevoli sull'arte locale, riscontrabili ad esempio nell'evoluzione dell'arte di Paolo da Caylina il Vecchio.
Altra opera proto-rinascimentale prepotentemente "calata dall'alto" nella Brescia quattrocentesca fu l'Annunciazione di Jacopo Bellini eseguita per la chiesa di Sant'Alessandro, fedele al linguaggio del gotico internazionale, ma con relative novità nella concezione spaziale e nell'atteggiamento delle figure.
Altri movimenti in questo senso sono rilevabili in opere sporadiche prodotte dalla cultura locale nella seconda metà del secolo, quali la grande tavola del San Giorgio e la principessa dove gli aristocratici stilemi gotici importati a Brescia da Gentile da Fabriano nella cappella di San Giorgio al Broletto, perduta, evolvono verso nuovi dosaggi spaziali e luministici, propriamente rinascimentali.
I maestri del pieno Rinascimento
Il disastroso sacco di Brescia del 1512 mise in ginocchio la città. La Serenissima intervenne ancor più drasticamente, operando la cosiddetta "spianata", cioè la distruzione di qualsiasi edificio entro un chilometro e mezzo dalla cinta muraria, onde eliminare qualsiasi riparo o nascondiglio per gli aggressori. I beni immobili perduti furono innumerevoli e diversi cenobi, distrutta l'originaria sede, si videro costretti a riparare in città, edificando entro la cinta nuove chiese e monasteri.
Al generale danno economico, sovrapposto alle già onerose ricostruzioni da operarsi dopo il sacco, la Repubblica di Venezia rispose offrendo riduzioni e talvolta esenzioni da tasse, in modo da poter restaurare e ricostruire le chiese, i conventi e i monasteri saccheggiati o del tutto distrutti con la spianata.
In quel periodo nacque così una vivace committenza artistica, che favorì l'emergenza di personalità locali. Dal 1520 circa (la spianata fu operata tra il 1516 e il 1517) si ha quindi l'affermazione di un gruppo di pittori quasi coetanei che, fondendo le radici culturali lombarde e veneziane, svilupparono risultati di grande originalità nel panorama artistico della penisola: il Romanino, il Moretto e il Savoldo.
In provvidenziale coincidenza si ha, nel 1522, l'arrivo a Brescia del Polittico Averoldi di Tiziano per il presbiterio della collegiata dei Santi Nazaro e Celso, che conoscerà una larghissima, immediata fortuna tra gli esponenti artistici locali e costituirà un basilare punto di riferimento nell'esecuzione di un'intera serie di nuove opere d'arte.
Alessandro Bonvicino, detto il Moretto
La cena in Emmaus
lAlessandro Bonvicino detto il moretto, La cena in Emmaus. Disegno a inchiostro conservato presso lo Statens Museum for Kunst di Copenhagen, ID 1273355
Appunti analisi del quadro:
Osservazione dell’opera:
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formato del quadro
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tecnica
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indicazioni sullo stile artistico del quadro e di Moretto (Rinascimento - di cui dovresti saper indicare gli elementi fondamentali). L’opera è uno dei pochi dipinti di artisti bresciani acquistati da Paolo Tosio, che ha costruito la propria collezione in epoca Neoclassica e che sceglie questo artista perché nel suo stile gli aspetti classici sono più accentuati (eleganza delle figure, espressioni un po’ distaccate dei personaggi).
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descrizione partendo dallo sfondo (architettura classica - collegamento con le scelte stilistiche del Rinascimento, sfondo scuro che permette a Moretto di utilizzare delle luci teatrali che evidenziano i soggetti)
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i committenti rappresentati ai lati: La loro identità non è nota; è stata avanzata l’ipotesi che il quadro sia stato commissionato a Moretto dal nobile bresciano Jacopo de Cucchis , consigliere speciale dell’amministrazione dell’Ospedale tra il 1526 e il 1527 e che i due ritratti raffigurino il suo amato nipote Giovanni Battista e la figlia di quest’ultimo, Stratonica.
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osservazione delle due figure laterali: i due personaggi sono rappresentati in abiti eleganti e rinascimentali. I due personaggi interpretano un ruolo nel quadro: l’uomo interpreta il ruolo dell’oste, mentre la ragazza interpreta quello di una cameriera che porta in tavola un pollo lesso su un vassoio di metallo. L’abito è molto elegante, di colore rosso (colore che all’epoca era riservato solo ai nobili); al collo ha una collana di coralli e sulla testa indossa una ‘capigliara’. Qui Moretto usa una modalità comune nelle opere del Rinascimento: nelle opere di argomento sacro, commissionate, vengono inseriti i ritratti dei committenti, ma questi si distinguono dai personaggi sacri per l’abbigliamento moderno, rispetto ai soggetti sacri che sono vestiti all’antica. I committenti sono sempre in posizione defilata, ai lati della scena principale. Non impersonano mai personaggi sacri, ma eventualmente figure di contorno, personaggi umili, come nel caso di Stratonica.
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tavolo al centro con stoviglie (bicchieri di vetro delineati con sottili linee bianche). Attorno al tavolo sono sedute tre figure: sono a piedi nudi e sono vestite con delle tuniche all’antica. La figura al centro è descritta in modo non esplicito: il Moretto ci mette nella stessa condizione dei discepoli che non riconoscono Gesù quando lo incontrano sulla strada, ma che lo riconoscono solo quando spezza il pane. Gesù è vestito come un pellegrino: indossa un mantello su cui è ben visibile una conchiglia (la conchiglia era segno dei pellegrini che avevano raggiunto il santuario di Compostela e che veniva utilizzata per bere alle fonti); sul capo porta un cappello a larghe tese su cui sono distinguibili alcuni elementi simbolici che fanno riferimento al martirio di Gesù, come i chiodi, i dadi, la spada, i denari. Una leggera illuminazione dietro al cappello aiuta l’osservatore a capire che il personaggio non è un semplice essere umano, ma che è dotato di una luce spirituale che il travestimento non riesce a nascondere completamente.
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La scena è illuminata da destra verso sinistra
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La composizione è piramidale
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gli sguardi dei personaggi sono rivolti verso il centro del quadro; solo Gesù guarda fuori dal quadro, per entrare in contatto con l’osservatore e fargli comprendere come il messaggio del quadro sia rivolto a lui.