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La civiltà greca

In questa sezione, ci occuperemo delle civiltà greche che si svilupparono sul Mar Egeo a partire dal 3.000 a. C.

Ovviamente ce ne occuperemo da un punto di vista artistico, ma, come ormai abbiamo iniziato a capire, l'arte è sempre espressione della vita, della cultura e della storia di un popolo e in questa storia sono importanti i progressi tecnologici, così come gli incontri con altre civiltà.

L'evoluzione è sempre generata da incontri, scambi e dall'allargamento delle proprie prospettive. Quando si smette di confrontarsi, per paura di perdere la propria identità, l'evoluzione si ferma, cerca di contrastare la storia che continua ad avanzare e, generalmente, muore.

     L’arte greca è la base della nostra cultura artistica perché ha dettato regole e modelli che hanno continuato ad essere utilizzati per secoli. 

 

Quando si parla di arte greca s'intende non soltanto quella prodotta nella penisola greca, ma anche quella creata nelle colonie.

 

     L’arte greca è un insieme di tentativi, durati secoli, di ottenere la perfezione in tutti i campi: rappresentare un individuo umano di straordinaria bellezza, creare un edificio armonioso e costruito secondo rapporti matematici, come il tempio, o una struttura inserita perfettamente nell’ambiente naturale come il teatro.

 

La storia greca comincia con l’invasione dell'isola di Creta da parte dei Dori, una popolazione che, nel XII secolo a.C., sconfisse i Micenei e si impose su tutta la penisola greca creando, in un lungo periodo, tanti centri che condividevano religione, lingua e un’economia legata all’agricoltura e al commercio per mare. Questi centri, chiamati poleis, cercarono spazi di espansione prima a Oriente e poi a Occidente.

 

      I Greci, infatti, fondarono colonie in Asia Minore, l’attuale Turchia, (Efeso, Smirne, Alicarnasso), nella zona chiamata Magna Grecia (l’attuale Italia meridionale) e in Sicilia, e anche in Spagna e Africa. Queste colonie mantenevano usi e tradizioni della madrepatria.

 

  Diversamente da altre civiltà antiche, caratterizzate da un rigido potere centrale e una casta sacerdotale potente, nelle poleis greche i cittadini si sentivano liberi e partecipavano intensamente alla vita della propria città e non obbedivano ciecamente alle imposizioni della religione.

    L’abitudine a porsi domande sul perché delle cose senza accettare passivamente la volontà degli dèi portò alla nascita della democrazia (= la partecipazione dei cittadini al governo della città) e della filosofia (= la scienza che studia il perché delle cose).

CRETA

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La civiltà che si sviluppa sull'isola di Creta, a partire dal 2.600 a. C. circa, è detta MINOICA e prende il nome dal mitico re Minosse.

I Cretesi sono abili navigatori e danno vita ad una civiltà pacifica (le loro città non sono circondate da mura di difesa) e raffinata.   

Intorno al 1.200 a. C. l'isola viene conquistata dai Micenei, ponendo fine a questa civiltà.

Micene
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       La civiltà micenea si sviluppa a partire dal 700 a.C. nella penisola del Peloponneso occupata dagli Achei, un popolo di guerrieri, pastori e agricoltori che abitava città-stato indipendenti, dominate da diversi re, fra le quali la più importante era Micene, da cui questa civiltà prende il nome.

    Le città rispecchiano il carattere del popolo: non presentano la raffinatezza delle città-palazzo cretesi; sono collocate in posizione elevata e sono protette da mura di difesa imponenti, realizzate con enormi blocchi di pietra, tanto da far nascere la leggenda che fossero state costruite da giganti.  

 I micenei attaccarono e conquistarono Creta, ma, in un certo senso, furono a loro volta conquistati dall'arte e dalla cultura minoiche, tanto da riportare nei loro palazzi decorazioni e oggetti ispirati all’arte cretese. 

    I micenei vennero a loro volta sconfitti da un altro popolo greco, i Dori, intorno al 1100 a.C.

    Nel 1879, l'archeologo Heinrich Schliemann, guidato dalle pagine di antichi storici greci, oltre che dai poemi omerici, compì diversi scavi a Micene scoprendovi le cosiddette tombe degli Atridi e i loro grandi tesori.

Arte Greca

      L’arte greca si suddivide in quattro periodi principali:

  • Periodo Geometrico: IX - VII sec. a. C

  • Periodo Arcaico: VII - metà del V sec. a.C.: si pongono le basi dell’architettura (in particolare del tempio) e si realizzano le prime sculture nella forma di kouroi e korai (giovinetti e giovinette).

  • Periodo Classico: metà del V sec. - metà del IV sec. a.C.: periodo di massimo splendore dell’arte greca.

  • Periodo Ellenistico: dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) al I sec. a.C: periodo di diffusione dell’arte greca in tutto il mondo conosciuto con sviluppo di caratteri nuovi (espressione del sentimento, attenzione per gli aspetti sgradevoli dell’esistenza, architettura monumentale).

Periodo geometrico (XI - VIII sec. a. C.)

    È il periodo in cui i Dori conquistano i territori dei Micenei. 

Di questo periodo ci sono arrivati prevalentemente vasi dipinti decorati con motivi geometrici (da cui deriva il nome dato a questo periodo).

Molti vasi sono stati ritrovati soprattutto in Attica, nella necropoli di Atene presso il Dìpylon (antica porta di Atene). 

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  • Sono vasi molto alti e venivano utilizzati per segnalare una sepoltura.

  • Presentano una tipica decorazione con vernice nera su sfondo chiaro, costituita da figure astratte:

    • meandri,

    • greche,

    • svastiche,

    • triangoli e

    • linee orizzontali di separazione.

    • Anche eventuali figure di uomini e animali sono estremamente stilizzati.

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Denominazione delle parti di un vaso.

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Principali forme ceramiche e loro funzioni (da Arte. Una storia naturale e civile. Vol 1, Einaudi scuola), ripreso dal Diariodell'arte.it

Lettura dell'opera
Anfora della lamentazione funebre
(760 - 750 a. C.)

     Questo grande vaso è stato ritrovato presso il Dypylon (porta monumentale di Atene, costruita nel IV sec. a. C., con due ingressi e che conduceva al quartiere dei vasai), in una necropoli con sepolture datate tra il IX e il VII sec. a. C.

     Alto 1,55 m, è conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Atene.

Si tratta di un'anfora funeraria, in stile tardo-geometrico. 

L'anfora era destinata ad essere usata come "segnale" per la sepoltura di una nobile donna ateniese, appartenente ad una famiglia importante che poté permettersi di commissionare il vaso funerario dotato di simili dimensioni monumentali, il più antico a noi giunto.

 

Il vaso, che poteva ricevere le libagioni versate dalle persone in lutto, aveva funzione essenzialmente commemorativa e funeraria: era ad un tempo il segno della tomba della nobildonna e un monumento alla sua memoria.

 

      Il tipo di vaso era determinato dalla tradizione: nel secolo precedente, quando gli ateniesi usavano cremare i loro morti, per le ceneri delle donne si usavano le anfore, per quelle degli uomini i crateri.

     L'anfora presenta 65 fascie sovrapposte che girano tutt'intorno al vaso e hanno ampiezza variabile, a seconda della posizione.

Le fasce presentano motivi con greche, meandri, rombi, triangoli. Al centro, in corrispondenza dei manici, vi è una scena di lamentazione funebre in onore di una donna. Vi compaiono 39 figure stilizzate

necropoli = dal greco, vuol dire 'città dei morti' ed è un luogo, generalmente fuori dalla città, dove venivano sepolti i defunti

anfora = vaso di terracotta con due manici. Il corpo può avere diverse forme, a seconda di ciò che era destinato a contenere

cratere = grande vaso utilizzato per mescolare vino e acqua. Ha una imboccatura molto ampia e due manici nella parte bassa del corpo

libagione = offerta sacrificale di bevande particolarmente diffusa nei riti dell'antichità

in modo geometrico. Al centro vi è il corpo della defunta sdraiato su un letto, davanti, alcune figure femminili accovacciate per terra, sono riconoscibili dai lunghi abiti che coprono le gambe.

 

Si osservi il canone di proporzione che è stato utilizzato: 

  • la testa è un piccolo cerchio con una protuberanza all'altezza del mento,

  • l'altezza di testa e collo è metà dell'altezza del tronco,

  • il busto (mostrato frontalmente) è un triangolo

  • con bastoncini al posto delle braccia.

  • Il corpo è quasi tagliato in vita e alle ginocchia: le distanze tra vita e ginocchio e tra ginocchia e piedi sono praticamente identiche.

La silhouette del Dipylon con le sue articolazioni è la somma di parti distinte e matematicamente correlate.

       Nella rappresentazione della scena viene evitata la sovrapposizione delle figure. La coperta a scacchi che dovrebbe ricoprire il cadavere della nobildonna è mostrata come una tenda tesa al di sopra del suo corpo con il bordo inferiore che ne segue la linea in modo da non confondersi con esso. Tutte le figure sono poste sullo stesso piano; i dolenti che si trovano a fianco del letto funebre in realtà lo circondavano in un pianto rituale. Allo stesso modo, le figure sotto il feretro si trovavano di fronte ad esso. Attraverso l'appiattimento dello spazio quasi niente risulta nascosto.

    Il vaso a causa delle dimensioni è stato costruito in sezioni riunite in un secondo momento; l'angolo acuto, formato dall'incontro tra la forma ovoidale del corpo e la forma cilindrica del collo, è stato lasciato in evidenza. Il ceramista infine ha aggiunto due maniglie doppie.

 

La struttura sembra rispondere ad un preciso schema proporzionale:

  • l'altezza è doppia della larghezza,

  • il collo è la metà dell'altezza del corpo.

La parte pittorica è stata eseguita con una soluzione di argilla e acqua, che sarebbe diventata scura dopo la cottura del vaso.

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Periodo arcaico (VIII - VI sec. a. C.)

Epoca in cui sorgono le colonie della Magna Grecia; vengono edificati i primi templi e realizzate le prime sculture con soggetto umano, i koùroi e le kòrai.

Le figure, anche se rigide, sono già idealizzate, esprimono cioè una bellezza idealizzata e una perfezione inarrivabile per gli uomini comuni.

I vasi di quest’epoca sono decorati con figure umane dipinte di nero.

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Statua in marmo rappresentante un kouros, ritrovato ad Anavyssos, Attica ca. 530 a. C.; altezza 195 cm

Le due opere sono conservate presso il Museo Archeologico Nazionale di Atene

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statua in marmo di una kore, trovata a Merenda, in Attica (550-540 a. C.); altezza 235 cm, compreso il piedistallo

La ricerca del corpo perfetto

    La bellezza del corpo umano era per i Greci una vera ossessione. Sin dall'epoca arcaica cominciarono a creare statue a grandezza naturale cercando di realizzare una figura umana perfetta.

Queste prime sculture raffigurano generalmente giovani maschi nudi, i cosiddetti Kouroi (singolare Kouros). Non si tratta di ritratti di personaggi reali, ma di rappresentazioni dell'uomo ideale: atletico, giovane, sicuro e con un leggero sorriso sulle labbra, ad indicare la superiorità di chi sa di essere superiore.

 

           Tra le sculture arcaiche, si trova anche la Kore, una figura femminile vestita (al plurale korai).

Come il kouros, ha una posizione rigida, forme massicce e lo stesso sorriso, appena accennato.

La kore porta sempre il peplo, il tipico abito delle donne greche, che scende liscio lungo il corpo e ha il braccio sinistro sollevato per tenere un'offerta. Kuroi e korai, infatti, venivano realizzati per i santuari, come doni alle divinità.

Le statue, inoltre, erano colorate con tinte molto vivaci, esattamente come i templi. Ma questo non toglieva nulla a quel senso di immobile perfezione che queste statue volevano raggiungere.

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Particolare della Kore Phrasikleia ritrovata a Merenda

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Ricostruzione cromatica della Kore Phrasikleia

Confronto

Le statue greche del periodo arcaico presentano dei caratteri simili a quelle della civiltà egizia.

STATUA MASCHILE EGIZIA

KOUROS (statua greca arcaica

  • postura rigida

  • sguardo rivolto in avanti

  • forma trapezoidale del copricapo (nemes)

  • assenza di espressione del volto

  • braccia lungo i fianchi

  • mani chiuse a pugno

  • gamba sinistra spostata in avanti

  • ginocchio ben definito, ma non piegato

  • entrambe le piante dei piedi poggiano completamente sulla base

  • la statua non viene liberata dalla pietra del blocco da cui è ricavata

  • postura rigida

  • sguardo rivolto in avanti

  • forma trapezoidale della capigliatura

  • sorriso enigmatico

  • braccia lungo i fianchi

  • mani chiuse a pugno

  • gamba sinistra spostata in avanti

  • ginocchio leggermente piegato

  • piede posteriore completamente appoggiato, piede anteriore appoggiato parzialmente

  • statua a tutto tondo: la figura viene completamente liberata dalla pietra non necessaria (osserva: tra le gambe e tra le braccia e il busto

Statua di Micerino (2490 - 2472 a. C.) e della regina Khamerernebti II, rinvenuta nel tempio mortuario del faraone a Giza. Museum of Fine Arts, Boston

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Kouros di Anavyssos visto da dietro

Periodo classico (480 - 323 a. C.)

  • È il periodo compreso tra la sconfitta dei Persiani e la morte di Alessandro Magno.

 

  • Ad Atene vengono realizzati gli edifici sacri dell'Acropoli: l'arte greca vive il suo momento di maggiore splendore. È l'epoca dei grandi scultori Mirone, Policleto, Fidia e Prassitele.

  • Le statue hanno pose più naturali ed equilibrate.

  • La pittura vascolare è caratterizzata da figure rosse su sfondo nero.

     Dedichiamo particolare attenzione a questo periodo perché gli elementi più originali della cultura e dell'arte greca classica continueranno ad influenzare il pensiero nelle sue diverse forme e l'arte fino ai nostri giorni.

Cerchiamo di vedere, di seguito, gli elementi più importanti e caratteristici del periodo.

  • Il primo e più importante aspetto della cultura greca, che influenza profondamente anche l'arte è la razionalità: i Greci, inventori della filosofia, cercano di utilizzare la ragione per comprendere il mondo che li circonda e attraverso la ragione cercano di misurare tutte le cose, definendo una regola di proporzione che utilizzeranno nella scultura e nell'architettura (canone di Policleto).

  • I filosofi più famosi sono Platone e Aristotele che insegnano nella scuola peripatetica di Atene: una scuola non fatta di aule e banchi, ma un giardino nel quale i filosofi passeggiavano conversando coi loro studenti. I filosofi si ponevano tante domande sui fenomeni della natura, su quale fosse il migliore sistema politico, su ogni aspetto della vita umana. Stupefacente è per noi moderni sapere che l'idea di atomo è stata concepita da un filosofo greco, Democrito, vissuto tra il 460 e il 370 a.C.: l'atomo viene definito come la particella più piccola e indivisibile della materia ed è accompagnato dall'idea di vuoto. Partendo da questa visione, nei secoli successivi filosofi e scienziati studieranno la materia di cui sono fatte tutte le cose, gettando le basi della scienza.

  • Tra gli argomenti trattati dai grandi pensatori greci c'è anche quello della bellezza. È così che si viene a definire il concetto di bellezza ideale: una bellezza perfetta che non esiste nella realtà, ma che deriva dall'insieme di elementi presi da diversi individui. Tali elementi consistono, per esempio nella forma e nella lunghezza del naso, la dimensione, la forma e la distanza degli occhi dal naso e così via per tutte le parti del corpo. 

La storia

     Siamo all'epoca della Seconda guerra persiana (480 - 479 a. C.), quando i Persiani, guidati da Serse I di Persia, tentano nuovamente di invadere e conquistare la Grecia dopo il primo e fallimentare tentativo della Prima Guerra Persiana (492 - 390 a. C.), condotta per ordine di Dario I di Persia e conclusasi con la ritirata degli aggressori in seguito alla sconfitta a Maratona.

 

Dopo la morte di Dario, suo figlio Serse impiegò vari anni per pianificare la seconda spedizione, dovendo infatti raccogliere una flotta e un'armata di dimensioni colossali.

 

     Gli Ateniesi e gli Spartani guidarono la resistenza ellenica, costituita da un'alleanza militare di circa trentuno poleis (Lega Panellenica). Bisogna anche dire che la maggior parte delle città greche rimase neutrale o si sottomise spontaneamente al nemico.

L'invasione cominciò nella primavera del 480 a.C.: l'armata persiana attraversò l'Ellesponto e marciò in direzione della Tessaglia, attraverso la Tracia e la Macedonia. L'avanzata terrestre delle forze persiane venne però bloccata presso il passo delle Termopili, dove un piccolo esercito guidato dal re spartano Leonida I ingaggiò la storica battaglia. Il valore e la determinazione dell'esercito greco permise di ritardare di due giorni l'avanzata dei Persiani. 

   La sconfitta dei greci, tutti uccisi in battaglia, fu dovuta al tradimento di un greco che indicò ai Persiani un passaggio tra le montagne poco sorvegliato che consentì loro di prendere i Greci alle spalle, accerchiandoli completamente.

    Nello stesso momento, la flotta persiana veniva bloccata da quella Ateniese e dei suoi alleati presso Capo Artemisio. Alla notizia dell'esito della battaglia delle Termopili, la flotta ellenica si trasferì più a sud, in direzione di Salamina. 

Intanto le forze persiane avevano sottomesso la Beozia e l'Attica, giungendo fino ad Atene, che, abbandonata dai suoi abitanti, venne conquistata e incendiata.

 I Greci avevano previsto una seconda linea di difesa presso l'iatmo di Corinto, che venne fortificato a protezione del Peloponneso. Temistocle convinse tutti gli alleati ad ingaggiare una battaglia navale nello stretto braccio di mare che separava l'isola di Salamina dalla costa attica sfruttando la grande manovrabilità delle navi greche, più piccole rispetto alle grandi e pesanti navi da guerra persiane, lente e difficili da manovrare nello stretto braccio di mare scelto dai greci come teatro della battaglia.

 

I persiani sconfitti, si ritirarono tornando in Asia, lasciando in Grecia un esercito di 300 000 soldati.

Anche questo contingente persiano venne sconfitto dagli Ateniesi e dai loro alleati, la primavera seguente nella battaglia di Platea, per terra e nella battaglia navale di Micale.

  I Persiani furono costretti a ritirarsi e persero la loro influenza economica e commerciale sul Mar Egeo. Nel 479 a.C. i greci attaccano i Persiani scacciandoli definitivamente dall'Europa, dalle isole dell'Egeo e dalle colonie greche della Ionia.

  • Per i Greci la bellezza esteriore corrispondeva a qualità positive della persona: un po' come dire che una persona bella era per loro anche buona.

  • I Greci inventano anche il teatro: commedie e tragedie che vengono rappresentate da attori professionisti (solo uomini) all'interno di luoghi creati apposta, i teatri, appunto. Molti aspetti del teatro moderno derivano da quello greco, sia nel modo di organizzare lo spettacolo che nella forma dell'edificio stesso.

  • I Greci inventano anche la democrazia, cioè un sistema politico basato su una rappresentanza della popolazione. Certo, rispetto ad oggi ci sono delle differenze, ma il principio di base è ancora quello: non c'è un'unica persona che decide per gli altri, ma un insieme di persone, scelte dai cittadini, che discutono insieme e prendono quindi le decisioni migliori per tutta la popolazione.      

Arte Greca del Periodo Classico

Vediamo ora alcune delle opere più importanti e significative realizzate in questo periodo.

PITTURA

       I Greci si cimentano nell'utilizzo di diverse tecniche artistiche, tuttavia, sebbene ci siano testi che descrivono la bravura di grandi artisti, abbiamo pochissimi esempi di dipinti, che sicuramente i Greci realizzavano sia come decorazioni sulle pareti degli edifici, sia come quadri veri e propri appesi alle pareti.

       Alcune testimonianze riguardano il territorio greco, altre provengono dai territori della Magna Grecia, quindi dall'Italia Meridionale, dove i Greci avevano fondato diverse colonie. La sapienza dei Greci, però non va perduta e sarà la base sulla quale si formerà la pittura Romana.

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Tomba del tuffatore, visione complessiva; tempera su intonaco (480 - 470 a.C. ca.); dimensioni: 78 x 194 x 98 cm; Museo Archeologico Nazionale di Paestum

     Unico esempio di pittura di età greca della Magna Grecia, la Tomba del tuffatore è una sepoltura a lastroni, chiusa da una copertura piana, con affreschi sulle pareti interne. Sulla lastra di copertura è dipinto un uomo che si tuffa in acqua: il tuffo simboleggia il passaggio dalla vita alla morte.

    Sulle quattro lastre, che costituiscono le parti della cassa, sono rappresentate scene tradizionali di banchetto (lati lunghi nord e sud) e personaggi in cammino (lati brevi est ed ovest).


I personaggi dei banchetti, a gruppi di due, sono presentati con grande vivacità in diverse posizioni: mentre giocano, suonano o conversano animatamente.

Il pittore ha utilizzato la tecnica a tempera con il procedimento della sinopia, su di un intonaco di calce e sabbia, applicato in due strati dei quali il più sottile, in superficie, ben levigato e liscio, contiene anche una polvere di marmo che gli conferisce brillantezza e consistenza.
inte del IV secolo a.C.

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Il dipinto che rappresenta il ratto di Persefone è stato ritrovato nel 1977 in una località vicino a Salonicco, in una tomba vicino a quella di Filippo II il Macedone e probabilmente conteneva le spoglie di un membro della famiglia reale. 

    L'affresco, sebbene rovinato dal tempo, è di alta qualità.

La quadriga viene mostrata di tre quarti, le vesti e i capelli sono scompigliati a causa dell’impeto della corsa. La scena è pervasa di grande drammaticità, come si può notare dalla gestualità del dio Ade, che sta ancora salendo sul carro, e soprattutto di Persefone, colta in un’espressione di sorpresa e disperazione. 

Il dipinto, realizzato verso la fine del periodo classico, presenta grande dinamismo e drammaticità, aspetti che diventeranno di lì a poco caratteristici del periodo Ellenistico

Rapimento di Persefone, affresco, 100x350 cm circa (350 a.C. circa), tomba di Persefone, Vergina, Grecia.

SCULTURA

La scultura nel periodo classico abbandona la rigidità e la staticità arcaiche per assumere maggiore naturalezza. I corpi sono più simili alla realtà e vengono rappresentati in movimento.

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Discobolo Lancellotti, copia romana del Discobolo di Mirone (450 a.C. ca), realizzata probabilmente nel II secolo d.C.; altezza 156 cm; Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, Roma

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     La statua del Discobolo Lancellotti raffigura un atleta colto nell’attimo che precede il lancio del disco.         Unico esemplare quasi interamente conservato del tipo, la statua è una replica fedele di una delle opere più ammirate dell’antichità: il Discobolo in bronzo dello scultore greco Mirone (ca. 450 a.C.).

 

      Scoperto nel 1781 a Roma, sull’Esquilino presso villa Palombara, il Discobolo Lancellotti fece parte per lungo tempo della collezione privata della famiglia Lancellotti (da cui deriva il nome) nel Palazzo Massimo Lancellotti a Roma.

   

       Acquistato nel 1938 da Adolf Hitler, è rimasto nella Gipsoteca di Monaco di Baviera fino al 1948.

 

    Dal 1953 si trova nel Museo Nazionale Romano. Del Discobolo Lancellotti sono di restauro il polpaccio destro, le dita della mano sinistra, la base ovale che comprende il plinto antico e forse un’estremità inferiore del disco; risultano integrati (riattaccati) il braccio destro e il piede sinistro.

     Nell'opera coesistono l'idea di equilibrio (piede destro appoggiato sulla base e sinistro di cui appoggia solo la punta) e di movimento espressa dalla posizione del disco colto un attimo prima che venga lanciato. 

     La statua non rappresenta una persona particolare, ma in generale un atleta che lancia il disco.

Del discobolo esistono numerosi esemplari, ma soltanto il Discobolo Lancellotti è completo. 

Nella seconda foto è riprodotto l'esemplare esposto nel British Museum, puoi notare come l'angolo della testa sia diverso. La versione del British Museum era stata trovata priva di testa e restaurata, come si faceva in passato, utilizzando pezzi anche senza avere la certezza che appartenessero proprio a quell'opera.

Questa immagine, tuttavia, ci permette di apprezzare il dinamismo della composizione.

Discobolo di Mirone, vista frontale; copia romana in marmo dell'originale greco in bronzo (The Townley Diskobolos), II sec. s.C.; proveniente dalla villa di Adriano a Tivoli. Altezza 170 cm; la testa di questa scultura è stata incollata con un angolo scorretto; collocazione: British Museum (Londra)

LETTURA DELL'OPERA
Doriforo di Policleto

Policleto è lo scultore che nel periodo classico definì le regole di proporzione utilizzate da allora in poi per realizzare tutte le parti del corpo in modo perfetto. Queste regole sono raccolte in un libro destinato agli scultori (Canone).

L'insieme delle regole stabilite da Policleto si chiama CANONE DI POLICLETO. Il canone di Policleto stabilisce come unità di 'proporzione' la testa e dice che per realizzare una figura proporzionata l'altezza dev'essere pari a 8 teste.

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Doriforo di Policleto. Copia romana in marmo dell'originale greco in bronzo(450 a.C.); altezza 212 cm; ritrovato a Pompei e conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN)

Perché non si parla di misure precise, ma di proporzioni?

Vediamo ora le caratteristiche principali:

  • la statua è realizzata in marmo, è alta 212 cm e poggia su un piedestallo

  • è una copia romana ritrovata a Pompei di una scultura greca del periodo classico realizzata da Policleto

  • la statua originale di Policleto era in bronzo

  • nella versione in marmo viene aggiunto un contrappeso a forma di tronco per assicurare stabilità alla scultura

  • la testa è caratterizzata da capelli corti, riprodotti con ciocche ondulate in modo molto minuzioso.

  • il viso è leggermente girato verso destra

  • il viso è armonioso (dimensione della testa e delle sue parti) e corrisponde all'ideale di bellezza

  • la scultura non rappresenta una persona reale, ma una figura idealmente perfetta, colta nel momento più perfetto della vita - la giovinezza

  • il corpo è ben proporzionato (canone di Policleto)

  • anatomia del corpo molto naturalistica (lo scultore osserva la realtà e riproduce non solo le forme, ma anche la tensione o la rilassatezza dei muscoli

  • per dare naturalezza alla postura del personaggio, Policleto utilizza il CHIASMO

  • A causa della posizione assunta dal personaggio, Policleto conferisce alla scultura del Doriforo un andamento ad S: si tratta di una compensazione della colonna vertebrale che assume il nostro corpo per mantenere al centro il baricentro

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CANONE DI POLICLETO: l'unità di proporzione è la testa; la figura intera è alta 8 teste

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CHIASMO: il termine deriva dalla lettera greca detta 'chi' (X) e indica una opposizione tra gli arti superiori e inferiori: 

  • braccio destro rilassato lungo il corpo, gamba sinistra piegata

  • braccio sinistro piegato, gamba destra tesa

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Andamento ad S:

dal momento che una gamba è tesa e una è piegata, il bacino risulta inclinato e la spina dorsale assume una curvatura ad S per mantenere al centro il baricentro del corpo

Questa statua viene tradizionalmente interpretata come un 'doriforo', cioè un portatore di lancia (un lanciatore di giavellotto, diremmo oggi), anche se gli storici dell'arte stanno ultimamente avanzando altre ipotesi interpretative (cfr. video). Nella mano sinistra chiusa a pugno era sicuramente inserita una lancia in bronzo, che però non è arrivata fino a noi.

Osservando bene la statua, si possono vedere ancora delle tracce di colore sulla testa.

Periodo ellenistico (323 - 31 a.C.)

Epoca compresa tra la morte di Alessandro Magno e la battaglia di Azio che, con la conquista dell'Egitto da parte dei Romani, segna il declino della civiltà greca. L'Oriente è ora sotto il controllo dei romani e non più dei greci.

L'arte di questo periodo esprime la crisi della civiltà greca:

  • le opere presentano una maggiore accentuazione del movimento,

  • le figure non sono più caratterizzate dalla bellezza ideale, da eleganza e compostezza,

  • compaiono espressioni di emozioni forti sui volti.

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Laocoonte e i suoi due figli lottano coi serpenti, scultura greca della scuola di Rodi (I secolo), Museo Pio-Clementino, MuseiVaticani

   Il gruppo del Laocoonte è stato ritrovato nel 1506 sul colle Oppio. Sembra che allo scavo abbiano assistito all’epoca anche Michelangelo e Giuliano da Sangallo, inviato dal papa affinché giudicasse il valore del ritrovamento.

    È stato proprio Sangallo a identificare la scultura come quella descritta da Plinio. Dopo la scoperta, papa Giulio II, appassionato collezionista dell’arte classica greca e romana, acquistò la statua e la fece posizionare nel cortile delle statue progettato dal Bramante all’interno del Giardino del Belvedere dei Musei Vaticani, il cui scopo era proprio quello di ospitare la collezione artistica del papa. La realizzazione del Giardino ha rappresentato, quindi, una sorta di atto di fondazione dei Musei di cui il gruppo del Laocoonte è ancora una delle opere più importanti.

    La scultura rappresenta la morte del sacerdote e dei suoi due figli mentre vengono stretti tra le spire dei serpenti marini: qui, Laocoonte è stato raffigurato in un movimento instabile mentre cerca di liberarsi dalla stretta dei serpenti. È evidente lo sforzo così come la tensione anche emotiva del personaggio: è un dolore sia fisico che spirituale quello raffigurato nel gruppo scultoreo tramite la torsione del busto per cui il personaggio assume una posa innaturale, mentre il volto corrucciato testimonia il dolore che prova per sé e per i suoi figli. Questa sua impetuosità e agitazione si contrappongono alla fragilità e alla debolezza delle figure dei figli che pregano per il suo aiuto: lo spettatore non può far a meno di provare empatia con il dolore del padre e dei figli.

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 Nike di Samotracia, scultura in marmo pario (h. 245 cm) di scuola rodia, dalla discussa attribuzione a Pitocrito, databile al 200-180 a.C. circa e oggi conservata al Museo del Louvre di Parigi.

La Nike di Samotracia ci è arrivata acefala, cioè priva della testa, questo però non diminuisce il valore dell'opera in cui lo scultore riesce a darci il senso di un grande dinamismo.

La figura femminile è posta sulla prua di una nave, ha la gamba destra avanzata, come se stesse per spiccare il volo. L'abito in tessuto leggero aderisce al corpo, lasciandone intravedere le forme, secondo la tecnica del tessuto bagnato che era stata introdotta già nel periodo classico. L'abito svolazza verso il retro della figura, rendendo visibile la forza del vento contrario alla direzione in cui si sta muovendo la nave.

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La scultura della Vecchia ubriaca ci presenta una figura femminile accosciata che tiene fra le braccia una damigiana di vino decorata con un serto di vite con foglie e grappoli d'uva.

La testa girata verso l'alto è quella di una donna anziana il cui viso è segnato da profonde rughe, con le guance cadenti e caratterizzato da un'espressione vacua. Il corpo è smagrito e l'abito è indossato con noncuranza (un braccio completamente scoperto e il pallio che le scende dalla spalla sinistra.

Qui la bellezza ideale lascia il posto ad una rappresentazione molto spinta della realtà. La figura incarna il senso di smarrimento di una donna ai margini della società.

Mirone di Tebe, La vecchia ubriaca, copia romana da un originale ellenistico del 300-280 a.C. circa; marmo, h 94 cm; Musei Capitolini, Roma

Architettura

      Nel mondo greco le sculture erano spesso il completamento naturale dell'architettura, e in particolare dei templi.

Le poleis erano generalmente caratterizzate da una zona più elevata, l'acropoli, sulla quale si concentravano gli edifici destinati al culto (templi). Nella parte bassa della città, invece, c'era una zona dedicata alle attività civili, come attività commerciali, tribunali e luoghi di riunione, nelle quali veniva esercitato il potere politico dell'aristocrazia, espressione della democrazia greca (l'agorà).

     

Anche il tempio era espressione della cultura razionale greca e della ricerca dell'armonia, ottenuta attraverso una ricerca delle proporzioni geometriche delle sue diverse parti. L'armonia riguardava anche la collocazione del tempio in relazione agli edifici circostanti.

   

    Oltre al tempio, un altro edificio di grande importanza era il teatro, luogo della cultura, aperto a tutti,  i cittadini.

Il tempio

     Il tempio greco deriva dal mègaron, la sala principale del palazzo miceneo, cui però veniva assegnata una funzione di culto. La statua della divinità era collocata nella sala più lontana dall'ingresso ed aveva, generalmente, dimensioni mastodontiche, in modo da poter essere vista dai cittadini che, non potendo accedere al tempio, sostavano sulla piazza antistante, sulla quale si trovava anche l'altare per i sacrifici.

 

    Inizialmente il tempio era costruito con mattoni, legno e terracotta e si ispirava ai modelli egizi e cretesi. La forma rettangolare  deriva dal mègaron, la sala principale del palazzo miceneo.

 A partire dall'epoca arcaica,  si scelsero materiali più duraturi, come il marmo, arricchiti da colori vivaci e si cominciarono a stabilire sia le dimensioni che le proporzioni delle singole parti e il tipo di decorazioni delle colonne e della trabeazione, la parte costituita da architrave, fregio e cornici, sulla quale, sui lati brevi,  poggiava il timpano (spazio triangolre che andava a chiudere l'incrocio delle falde del tetto. All'interno del timpano era collocato il frontone che era talvolta arricchito da sculture di grandi dimensioni che si adattavano perfettamente allo spazio triangolare assecondando la forma attraverso le pose dei personaggi rappresentati.

Ordini architettonici

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Il Teatro

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