Dal Barocco al Neoclassicismo
Cosa cambia?
Barocco
Le decorazioni nello stile barocco sono abbondanti, spesso prevedono elementi in stucco e l'oro è quasi sempre presente: la parola d'ordine è stupire
Chiesa di San Giovanni Nepomuceno, Monaco di Baviera
Foto di Andrew Bossi, licenza Creative Commons
In architettura le piante delle costruzioni sono ottenute sovrapponendo diverse figure geometriche lineari e curve. L'intreccio di tali figure produce edifici molto articolati. In questo caso, la facciata è concava e si collega ai portici laterali che suggeriscono un abbraccio. Al di sopra della facciata si eleva un corpo che ha andamento convesso.
Sant'Ivo alla Sapienza (1643-1662), Roma
Foto di Paris Orlando, licenza Creative Commons
Gli artisti barocchi si ispirano alle straordinarie opere ellenistiche caratterizzate da estremo dinamismo e grande espressività.
I ritratti sono fortemente realistici e le pose sono cariche di tensione, come se le azioni fossero catturate da una macchina fotografica mentre stanno accadendo.
Dal punto di vista tecnico, le opere barocche sono un'esibizione di maestria senza pari.
Busto di Francesco I d'Este, Gian Lorenzo Bernini, Galleria Estense, Modena
Foto: licenza Creative Commons
In pittura, la rappresentazione della prospettiva si concentra sugli edifici; la prospettiva è per lo più accidentale (con due fuochi). Specialmente negli affreschi d'interni, la prospettiva accelerata crea l'illusione dello sfondamento dei volumi architettonici degli ambienti. Gli elementi architettonici, presenti negli ambienti, vengono riprodotti coi mezzi della pittura facendo apparire gli ambienti molto più alti del reale.
Studio, Giuseppe Galli Bibiena
Andrea del Pozzo, Apoteosi di Sant'Ignazio, Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola, Roma
In pittura, i temi trattati sono spesso legati all'ambito religioso: la Chiesa utilizza la ricchezza e la meraviglia suscitata dall'arte barocca per catturare l'attenzione dei fedeli e dare un'impressione di grande potenza.
Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto, Galleria Doria Pamphilij, Roma
Neoclassicismo
Cattedrale di Nostra Signora, Copenhagen
Foto di Ib Rasmussen, licenza Creative Commons
Nello stile neoclassico le decorazioni sono quasi totalmente assenti: si pone molta attenzione agli elementi architettonici che esaltano simmetria e ritmo nelle costruzioni, sia all'interno che all'esterno. La parola d'ordine è sobrietà.
Chiesa di San Carlo al Corso, Milano
Foto di Arbalete, licenza Creative Commons
L'architettura neoclassica si ispira a quella della Grecia classica e a quella romana. Ritroviamo elementi antichi, come il timpano e il pronao sostenuto da colonne e capitelli ispirati agli ordini architettonici antichi. Pulizia, regolarità, simmetria e ritmo sono le parole chiave che ben esprimono l'essenza di questo stile.
Busto di Eleonora d'Este, Antonio Canova, Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia
Foto: licenza Creative Commons
Gli artisti neoclassici hanno come punto di riferimento il concetto di bellezza ideale della Grecia Classica.
I ritratti sono idealizzati, le pose eleganti, i volti non sono mai turbati da emozioni forti, ma esprimono la 'calma olimpica', cioè la superiorità che caratterizza le divinità greche di fronte alle vicende umane
Nelle vedute urbane, inaugurate da Canaletto, la prospettiva si estende creando ampi scorci della città. L'approccio è molto razionale, si guarda e si riproduce la realtà servendosi di mezzi tecnici come la 'camera chiara' che permettono di riprodurre fedelmente i dettagli.
Canaletto, Il canal Grande da Palazzo Balbi a Rialto, Museo del Settecento Veneziano, Venezia
Nella pittura neoclassica, i temi trattati fanno spesso riferimento alla cultura e alla mitologia classica, oppure a figure e episodi della storia.
Il giuramento degli Orazi 1785, Parigi, Louvre
Il Barocco, e il Rococò, che ne è la naturale evoluzione, sono caratterizzati dalla volontà di stupire l'osservatore.
In architettura gli edifici hanno piante molto complesse che sono dovute a forme geometriche lineari e curve sovrapposte. Gli edifici sono pieni di decorazioni: stucchi che nel Rococò diventano dorati, e trompe-l'oeil, cioè grandi dipinti illusionistici che hanno lo scopo di 'sfondare' lo spazio fisico degli edifici dandoci l'impressione di spazi infiniti.
In scultura ricordiamo le figure molto dinamiche realizzate da Gian Lorenzo Bernini: figure singole o gruppi di figure che si avvitano nell'aria come le colonne tortili, realizzate dallo stesso Bernini, per il baldacchino in bronzo della Basilica di San Pietro a Roma.
Queste opere sono fortemente dinamiche, ma anche drammatiche: l'artista coglie i personaggi nel pieno dell'azione e le espressioni del volto ci comunicano emozioni molto forti. Si gioca col corpo umano fino alla deformazione, facendogli assumere posizioni complicate e cariche di tensione.
In pittura, ricordiamo in particolare Caravaggio che crea delle scene di sapore teatrale grazie all'uso della luce, quasi sempre associata al buio che caratterizza le scene d'interni. I suoi personaggi, ritratti dal vero, sono carichi di emozioni.
Ricordiamo sempre che il Barocco, come il Manierismo, ha origine dalla crisi del Rinascimento: in arte si dà voce all'incertezza causata da guerre e pestilenze. In un certo senso si vuole nascondere la paura sotto un velo di ricchezza, magnificenza e stupore.
Il Neoclassicismo nasce come reazione al 'disordine' del periodo precedente. è 'figlio' dell'Illuminismo, cioè figlio di un'epoca che mette nuovamente al centro del pensiero la ragione, come già avevano fatto l'Umanesimo e il Rinascimento.
La deformazione, i giochi teatrali di luci ed ombre, il dinamismo portato all'estremo, così come l'eccesso decorativo, lasciano il posto ad uno stile più sobrio e lineare 'rischiarato' dalla luce della 'Ragione' che, al centro del pensiero illuminista, infonde nuova sicurezza nel futuro e sostiene la fiducia nella possibilità di costruire una società forte, solida, giusta ed equilibrata. Protagonista è ancora la nobiltà, che, guidata dal senso di giustizia instillato dalla Ragione, assume il ruolo 'paterno' di amministratore,, prendendosi cura dei meno fortunati. (l'aristocrazia trova la sua ragione di esistere proprio nell'utilizzare il proprio potere e le proprie ricchezze per il bene di tutta la società).
Tutto quello che vedremo in arte è il risultato di un approccio razionale e, quale periodo è più adatto a fungere da modello al nuovo gusto se non quello del popolo che ha 'inventato' la filosofia?
Il pensiero filosofico greco, infatti, esprime al meglio l'esercizio della ragione che indaga in profondità i meccanismi della conoscenza e della realtà. Lo stile equilibrato ed elegante del periodo classico, in particolare, 'traduce' in termini artistici proprio la visione filosofica del popolo che in quel tempo domina il mondo.
Accanto al modello derivato dall'arte greca del periodo classico, l'Illuminismo, e quindi anche il Neoclassicismo, guardano con favore alla cultura e all'arte romana, che, con l'Impero Romano, incarna il modello politico di stabilità cui anche l'Illuminismo aspirava.
Elementi fondamentali che caratterizzano il periodo illuminista e contribuiscono a formare il gusto neoclassico
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Il Neoclassicismo è 'figlio' dell'ILLUMINISMO, cioè figlio di un'epoca che mette nuovamente al centro del pensiero la ragione, come già avevano fatto l'Umanesimo e il Rinascimento.
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La Dea Ragione è vista come la guida che permetterà di costruire una società forte, solida e vincente in grado di confrontarsi con le sfide del nuovo tempo.
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Protagonisti sono ancora i nobili della classe aristocratica che si propongono come amministratori attenti e come padri che si prendono cura di chi è meno fortunato (l'aristocrazia trova la sua ragione di esistere proprio nell'utilizzare il proprio potere e le proprie ricchezze per il bene di tutta la società).
Vediamo ora alcuni elementi e avvenimenti che esprimono i nuovi interessi di questo periodo e portano alla formazione del nuovo gusto:
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Il Grand Tour
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Il fenomeno del Grand Tour nasce nel '700 e durerà per tutto l'800. L'Italia è una delle mete più ambite di questi viaggi che le persone colte di tutto il mondo organizzano come completamento della propria istruzione. Questi viaggi possono durare mesi o anni. Si visitano i luoghi della cultura, le collezioni e i musei che proprio in questo periodo stanno nascendo. I viaggiatori scrivono memorie di viaggio, corredate da dipinti ad acquerello o incisioni.
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Oltre all'Italia e agli altri paesi europei, si visitano la Grecia, il Vicino Oriente, l'Egitto e il Marocco
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Il Grand Tour ha come 'effetto collaterale' la crescita esponenziale dell'interesse verso la ricerca archeologica, che in un primo tempo era vista più come una sorta di 'caccia al tesoro', ma che man mano prende una connotazione sempre più scentifica.
Le campagne archeologiche
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Il Settecento, epoca di rinascita degli interessi colti per la cultura e l'arte antica, anche dietro lo stimolo dei viaggi che portano molte persone a vedere dal vero le opere d'arte e i luoghi della cultura di cui avevano solo letto sui libri.
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Una sorta di desiderio di esplorazione si diffonde e porta importanti istituzioni europee ad investire somme consistenti di denaro in campagne di ricerca geografica ed archeologica. (Ricordo che nella seconda metà del Seicento, a Londra era nata la Royal Society, che si occupa proprio ricerca in diversi campi del sapere e che finanzierà diverse campagne, specialmente di esplorazione geografica).
Ercolano e Pompei
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Ercolano era stata scoperta per caso nel 1709 e nel 1738 viene avviata la prima seria campagna archeologica volta a riportare alla luce l'antica città romana che era rimasta sepolta sotto la cenere dell'eruzione vulcanica del 79 d.C. È Carlo III di Borbone, re del Regno delle Due Sicilie a farsi promotore delle ricerche. Questo sovrano era coltissimo e amava la ricerca anche in campo scientifico e tecnologico.
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Pompei, invece, era stata scoperta già nel 1599. Gli scavi archeologici sistematici vengono avviati nel 1748, sempre per volere di Carlo III.
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La magnificenza dei dipinti, dei complessi abitativi e il ritrovamento, persino, di mobili in legno o metallo diventano fonte di ispirazione per il mondo dell'arte e di quello che oggi chiameremmo 'design d'interni'.
La Domus Aurea
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A Roma si conducono nuovi scavi nella Domus Aurea, l'enorme complesso residenziale che Nerone si era fatto costruire dopo l'incendio della città. Il palazzo era stato scoperto in modo fortuito già all'inizio del Cinquecento: il famoso gruppo scultoreo del Laocoonte faceva parte dell'apparato decorativo di questo imponente complesso. Siamo nella seconda metà del Settecento.
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Le decorazioni del palazzo diventano modello per le decorazioni parietali dei palazzi più raffinati e ispirano anche le tappezzerie utilizzate per rivestire le imbottiture di sedie e canapé.
La nascita dei grandi musei europei
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In tutta Europa, nascono i musei moderni, luoghi in cui i cittadini possono migliorare la propria educazione attraverso la conoscenza delle opere d'arte. Tra i tanti musei che nascono in questo periodo, ricordiamo il British Museum, di Londra, il Belvedere a Vienna, Il Louvre a Parigi, il Museo Egizio di Torino.
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Il Louvre, in particolare, è concepito come un luogo di apprendimento, con le opere suddivise per periodi e l'accesso libero a tutti i cittadini.
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I musei finanziano numerose campagne di scavo per procurarsi opere importanti da esporre nelle proprie sale.
Johan Winckelmann
L'estetica neoclassica
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Johan Winckelmann è archeologo ed erudito tedesco che nel 1764 divenne soprintendente alle antichità di Roma e poté dedicarsi allo studio dell'arte classica. Attraverso i suoi scritti promosse l'estetica del neoclassicismo, esercitando una enorme influenza sull'arte e sul gusto del suo tempo, e formulando un nuovo approccio metodologico che è alla base della moderna storia dell'arte. È considerato il padre dell'archeologia scientifica.
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L'estetica del Neoclassicismo si fonda sui principi della bellezza ideale che era alla base dell'arte e dell'architettura del periodo classico dell'arte greca. Ricordo che la bellezza ideale per i greci non rappresentava semplicemente il 'top' della bellezza esteriore, ma indicava qualità interiori che trasparivano anche all'esterno.
L'influenza dell'arte classica nelle arti applicate
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esempio di influenza del gusto antico nella decorazione d'interni e nell'arredamento: a sinistra un affresco dalla Domus Aurea e a destra una stanza nella Reggia di Versailles.
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La cultura classica, le architetture riscoperte, i dipinti e i manufatti antichi diventano modelli di riferimento delle 'arti applicate' influenzando lo stile di mobili, tappezzerie, decorazioni, stoviglie e complementi d'arredo.
Grottesca dalla Domus Aurea; decorazioni parietali nel gabinetto di Maria Antonietta a Versailles, stufa in maiolica, decorazioni parietali e tappezzerie dal palazzo di Sturehov, Stoccolma.
Esempi di porcellana da tavola in stile neoclassico con soggetto derivato dall'arte e dalla mitologia antica. (Manifattura di Capodimonte, Napoli)
Canaletto e il vedutismo
Si diffonde un nuovo genere pittorico: il VEDUTISMO nel quale l'interesse per le città d'arte e il desiderio di possederne dei ricordi, spingono alcuni pittori a dedicarsi a questo soggetto.
Pittori come Canaletto a Venezia, si servono di uno strumento scientifico (la camera ottica) per rappresentare gli spazi urbani e i più importanti monumenti in modo minuzioso.
Piazza San Marco with the Basilica, by Canaletto, 1730. Fogg Art Museum, Cambridge. Foto: Licenza Creative Commons
Camera oscura (camera ottica) di Canaletto, conservata al Museo Correr di Venezia
Nei dipinti di Canaletto spesso abbiamo ampie vedute: il pittore, dopo aver disegnato il paesaggio urbano da un certo punto di vista, ruotava il dispositivo e realizzava un altro disegno, ripetendo l'operazione più volte.
Con questo stratagemma, unendo i diversi disegni riusciva a creare delle vedute 'panoramiche': oggi per catturare una veduta panoramica come quelle di Canaletto, un moderno fotografo userebbe una macchina fotografica con un obiettivo grandangolare.
Giovan Battista Piranesi (1720 - 1788)
Facciata del British Museum di Londra. Come bene mostra questa immagine, il punto di riferimento dell'architetto che ha progettato questo edificio è il tempio greco del periodo classico.
foto di Di Ham, licenza Creative Commons
Archeologo, architetto e incisore, Piranesi ci ha lasciato non solo delle pregevoli incisioni che ritraggono gli antichi monumenti inseriti nel tessuto cittadino, come per esempio la celebre Veduta del Pantheon d'Agrippa (1761), ma è noto soprattutto per la famosissima serie delle Carceri d'invenzione.
Quella delle Carceri è una serie di 16 tavole in cui le eccellenti capacità tecniche dell'artista, unite ad una straordinaria capacità inventiva, danno vita a mondi immaginari caratterizzati da intrichi di scale, ponti levatoi, archi, torrette, anelli metallici e corde che non hanno ancora smesso di colpire la nostra immaginazione.
Uno degli artisti che vengono più ispirati da Piranesi è Mauritis Cornelis Escher.
Piranesi, Veduta del Pantheon d'Agrippa (1761 ca.), incisione 47 x 69 cm, Los Angeles, Country Museum of Art (Licenza Creative Commons)
Licenza Creative Commons
M. C. Escher, Relatività (1953), litografia, 27,7 cm × 29,2 cm
Dalla Pinacoteca Tosio - Martinengo
Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto
Giacomo Ceruti, Lavandaie (1736), olio su tela; 145 x 130 cm. Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia
foto: licenza Creative Commons
In un periodo nel quale l'aristocrazia illuminata si propone come modello politico in grado di far funzionare bene e in modo razionale lo Stato, si diffonde un genere pittorico, che sceglie come soggetti la gente del popolo, i poveri, ma non ritratti con ironia o peggio, con disprezzo, quanto piuttosto con dignità.
I quadri sono commissionati dai nobili che li appendono nei loro palazzi e hanno la funzione di ricordare loro che è loro dovere agire in modo che la vita di queste persone meno fortunate possa migliorare.
La Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia ha dedicato un'intera sala a Giacomo Ceruti, artista originario di Milano, e alle sue opere.
Non si tratta di opere Neoclassiche vere e proprie, quanto piuttosto Illuministe nelle quali l'autore sfrutta un tipo di pittura naturalistica che si era sviluppata in Lombardia già nel Rinascimento e che era stata continuata nel periodo Barocco: i soggetti erano già popolari, come possiamo vedere in alcuni dipinti di Caravaggio (cfr. La buona ventura) in cui i colori utilizzati erano già basati sulla gamma dei colori della terra che ritroviamo nel Pitocchetto.
Nel Seicento le scene di genere erano popolate da mendicanti, spesso affetti da nanismo, storpi e sgraziati. In questo caso non c'era nessuna partecipazione dell'artista e dei collezionisti alla vita sfortunata di queste persone.
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Nelle opere del 'Pitocchetto' - cosiddetto proprio perché molti dei suoi soggetti erano i cosiddetti pitocchi, cioè i poveri - i poveri vengono ritratti mentre sono intenti in attività quotidiane.
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Sono umili lavoratori ritratti con grande dignità.
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Le dimensioni dei personaggi sono 'monumentali' nel senso che sono proprio i soggetti principali dei quadri e non secondari.
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I loro sguardi sono spesso diretti proprio fuori del quadro, in modo da incontrare quelli dell'osservatore.
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I visi non sono allegri, ma un po' tristi, affaticati dal duro lavoro.
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I colori utilizzati dal pittore sono parte della gamma dei marroni - i colori della terra, dato che il mondo di questa povera gente era pervaso dalla polvere: per le strade (e che si trasformava in fango quando pioveva) e nelle case in cui il pavimento era in semplice terra battuta.
Sono opere che si inseriscono perfettamente nella tradizione naturalistica lombarda, di cui abbiamo già parlato a proposito del Rinascimento, ma che hanno un intento educativo e moralistico che quelle opere non avevano.
Architettura
Equilibrio, serenità, proporzione, armonia, eliminazione degli eccessi = BELLEZZA IDEALE
L'atteggiamento 'razionalista,' che pervade il mondo illuminista, influenza profondamente l'architettura: non solo si tende a semplificare la pianta degli edifici, ma li si alleggerisce di tutte le eccessive decorazioni che avevano caratterizzato Barocco e Rococò.
Partendo dalla struttura del tempio greco e con un occhio all'architetture romana si valorizzano gli elementi costruttivi (timpano, colonne, capitelli, ...) e si gioca sul concetto di simmetria e di ritmo, dato dalla ripetizione di gruppi di elementi (modulo), che già avevano caratterizzato l'architettura rinascimentale (cfr. Spedale degli Innocenti progettato da Filippo Brunelleschi a Firenze).
L'armonia è data anche attraverso aperture ampie e dal rapporto col l'ambiente circostante: le grandi regge sono infatti circondate da giardini scenografici organizzati in modo rigidamente geometrico con ampi specchi d'acqua.
Versailles diventa il modello di residenze reali e signorili di tutta Europa, da Caserta a San Pietroburgo.
Tempio Canoviano, Possagno (Treviso)
Tempio canoviano, interno
Il collegamento al progetto di Google Earth ti permette di constatare come i principi fondamentali
del Neoclassicismo vengano riconosciuti ed applicati ovunque, persino negli Stati Uniti, specialmente negli edifici che simboleggiano le cariche più importanti del potere politico.
In questa pagina puoi vedere come Antonio Canova, artista fondamentale di questo periodo, si cimenti anche nel campo architettonico: il Tempio Canoviano è un perfetto esempio di applicazione dei principi di cui questo artista si fa portatore, specialmente nel campo della scultura.
La Reggia di Caserta
La Reggia di Caserta, voluta da Carlo III di Borbone, venne progettata dall'architetto Luigi Vanvitelli tra il 1751 e il 1780.
Scultura e pittura Neoclassiche
Per comprendere l'arte neoclassica è necessario tenere in considerazione tutti gli elementi culturali sopra esposti:
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la visione Illuminista, guidata dalla Ragione,
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le scoperte archeologiche e la creazione dei grandi musei che permettono al grande pubblico di vedere dal vero le opere del passato,
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il rinnovato interesse per la cultura e la letteratura antiche,
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il costante riferimento all'architettura greca e romana,
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alla statuaria classica e
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alla pittura riscoperta a Pompei, Ercolano e a Roma, nella Domus Aurea.
Tutti questi elementi determinano le scelte degli artisti sia dal punto di vista dei temi trattati, sia dal punto di vista della tecnica con la quale le opere vengono realizzate.
Tutti gli artisti, sia in scultura che in pittura, si rifanno al concetto di Bellezza Ideale che Winkelmann aveva contribuito a riportare all'attenzione.
Scultura
Nel panorama artistico neoclassico, spiccano i nomi di due grandi scultori: quello di Antonio Canova e quello di Berthel Thordvalsen. Molti altri seguono il loro esempio e realizzano opere eleganti e raffinate in cui gli artisti si pongono idealmente in continuità con i più grandi scultori dell'antica Grecia Classica: Mirone, Policleto e Fidia nel V secolo e Skopas, Prassitele e Lisippo nel IV secolo a. C.
Antonio Canova (Possagno 1757 - Venezia 1822)
Lettura dell'opera
Non conoscessimo l'autore e il titolo, questa scultura potrebbe essere scambiata per un'opera greca del periodo classico: elegantemente sdraiata su un letto triclinare, la figura è chiaramente caratterizzata dalla visione della bellezza ideale, vestita all'antica, tiene in mano la mela d'oro che Paride aveva donato a Venere come premio della competizione per la dea più bella cui aveva partecipato insieme a Giunone e Minerva.
Si tratta, quindi del ritratto ideale di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone.
Antonio Canova, Paolina Borghese come Venere vincitrice (1804-1808), scultura in marmo (alt. cm. 92, con il letto cm 160); Galleria Borghese (Roma)
La posa della principessa, distesa su un’elegante “agrippina” – una sorta di chaise-longue stile Impero molto in voga in epoca napoleonica – rimanda alla scultura greca del periodo classico, ma anche alle sculture etrusche e romane sdraiate sui sarcofagi. Oltre a ciò, vi è certamente anche un riferimento al dipinto della Venere del Tiziano (opera posseduta dal marito di Paolina, Camillo Borghese e esposta nella stessa stanza in cui era posta la scultura).
Della scultura esistono numerosi disegni preparatori (Museo Civico di Bassano) e il gesso originale, conservato nella Gipsoteca di Possagno, che mostra ancora i “punti”, i riferimenti utili per il trasferimento della scultura in marmo.
Sappiamo che Canova lasciava questa operazione ai suoi assistenti, riservando a sé stesso “l’ultima mano”, ovvero quella levigatura paziente, con abrasivi sempre più sottili, che portava all’effetto della “vera carne” e che si esaltava nella visione a lume di candela.
Nella Paolina, Canova ha steso sul marmo, come finitura, l’acqua di rota, l’acqua che si faceva colare sulla mola per non surriscaldare i ferri da arrotare, che dava alla superficie una lucentezza rosata. Stupefacente la resa del materasso, che pare affondare morbidamente sotto il peso della dea.
Sotto all’agrippina è nascosto un ingegnoso meccanismo ruotante su un'asse centrale, realizzato a Torino, che permette alla scultura di girare e mostrarsi a 360°, ripristinato nella sua funzione durante il restauro del 1997.
Antonio Canova, Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore (1803-1806), marmo bianco di Carrara, 340 cm; Wellington Museu, Londra
Napoleone è raffigurato nudo, in piedi, con il globo del mondo sormontato da una vittoria alata nella mano destra, il braccio sinistro sollevato per reggere la lancia e il mantello da guerriero sulla stessa spalla. Il colosso di marmo, alto quasi tre metri e mezzo, non piacque a Napoleone che proibì a Canova di esporlo in pubblico in quanto riteneva la nudità non adatta al suo ruolo.
Dopo la sconfitta di Napoleone la statua fu acquistata dagli Inglesi e regalata con gesto simbolico a Wellington, ritenuto il massimo artefice della loro vittoria.
L'opera è il ritratto del famoso condottiero francese, quindi il viso ne riproduce i tratti. Nonostante questo, Canova applica i principi della bellezza ideale nelle forme atletiche del corpo e nel viso dove la regolarità dei tratti, la proporzione e l'espressione concentrata, consapevole e volitiva, ci restituiscono l'immagine di un eroe, quasi un semidio, destinato a segnare la storia per sempre.
Naturalmente Canova si ispira ai modelli della Grecia classica: il riferimento per noi più semplice da individuare è quello col Doriforo di Policleto: osserva il viso di tre quarti, la presenza del chiasmo la posizione del braccio che regge la lancia.
Antonio Canova, Amore e Psiche (1787 - 1793), marmo bianco, altezza: 155 cm; Museo del Louvre
Antonio Canova ricevette nel 1788 dal barone John Campbell, suo amico e primo mecenate britannico, la commissione per la realizzazione di un gruppo scultoreo raffigurante Amore e Psiche che si abbracciano, come descritto nelle Metamorfosi di Apuleio (testo noto anche come L'asino d'oro risalente al II secolo d.C.).
All’origine dell’opera c’è quindi un mito greco, che lo scrittore latino Lucio Apuleio rese popolare tra i romani col suo libro, uno dei pochi 'romanzi' romani arrivati fino a noi.
In questa storia, Psiche è una fanciulla talmente bella da suscitare l’invidia di Afrodite, che ordina al figlio Eros di farla innamorare dell’essere più vile e disgustoso. Anche Eros, però, rimane affascinato da Psiche e invece che darla in sposa a un terribile drago, la fa rapire da Zefiro, il dio del vento, e la fa portare nel suo palazzo dove i due si incontreranno ogni notte al buio. A una condizione: lei non dovrà mai indagare sull’identità del marito. La curiosità, tuttavia, prende il sopravvento.
Una notte la fanciulla accende una lucerna e scopre tremante che Amore dorme al suo fianco. Una goccia d’olio bollente finisce sulla spalla di lui, che fugge adirato.
La furia di Afrodite si scatena, ma la ragazza ha dalla sua il favore degli dei. Sottoposta alle prove più ardue, Psiche le supera tutte fino a tradirsi in un gesto avventato: apre il vaso della bellezza che, nell’oscurità degli Inferi, Persefone le ha dato da consegnare ad Afrodite, e cade in un sonno profondo. Sarà Eros a risvegliarla e la coppia vivrà per sempre sull’Olimpo, insieme alla figlioletta Edoné, la Voluptas dei latini.
Fauno e Baccante, affresco di Ercolano oggi conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Antonio Canova immortala nel marmo proprio il momento in cui Eros risveglia Psiche con un bacio. Lo scultore si ispira ad un affresco di Ercolano che rappresenta un abbraccio tra una baccante e un fauno. Questo primo spunto viene poi rielaborato in modo originale. Il momento catturato dallo scultore perecede il compimento del bacio.
La posa è molto elaborata e dinamica ed è stata costruita partendo da diversi elementi geometrici che vengono descritti molto bene nel video sottostante.
Osservando frontalmente la scultura, notiamo che i corpi di Psiche ed Eros si incrociano in una X sinuosa che ha il proprio punto focale nello spazio tra i visi appena distaccati dei due amanti; le quattro braccia danno vita a due cerchi intrecciati e un tondo incornicia i volti degli amanti, attirando l’attenzione, ancora una volta, sui pochi centimetri che separano le labbra dei due soggetti. Le due figure sono racchiuse in una composizione piramidale. La posa dei personaggi, però, rompe la rigidità della forma geometrica grazie al potente dinamismo in cui equilibrio ed espressività convivono in un sapiente gioco di linee.
Osserva che nella parte retrostante della scultura, Canova scolpisce la faretra con le frecce di Eros e il vaso che Proserpina aveva dato a Psiche e che, aperto, la fa cadere in un sonno profondo.
L'opera verrà portata a compimento nel 1793. Tuttavia il committente non fu in grado di pagare le spese di trasporto in Inghilterra. L'opera fu acquistata nel 1800 per duemila zecchini da Gioacchino Murat, che la trasportò nel palazzo reale di Compiègne, nelle vicinanze di Parigi, in Francia.
Nel 1808, quando i beni di Murat entrarono in possesso della Corona francese, Amore e Psiche passò insieme ad altre opere nelle collezioni del Museo del Louvre, dove è tuttora esposto.
Dell'opera esiste anche una seconda versione, per mano dello stesso Canova, che si trova nel Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo, in Russia.
Bertel Thordvalsen (Copenaghen, 1770 - Copenhagen 1844)
Thordvaldsen è un artista danese che aprirà uno studio anche a Roma. Il confronto tra i due più grandi scultori del tempo è costante e diretto: i due si conoscono e si frequentano.
La più grande differenza tra le opere dei due artisti è che le opere di Canova, pur razionali, sono caratterizzate da una certa dolcezza, sottolineata anche da un modo particolare di levigare le sculture in modo morbido. Canova voleva raggiungere la sensazione vellutata della pelle.
Le opere di Thordvalsen, invece, sono ancora più razionali, se possibile: rigorose e fredde.
I due video qui sotto possono aiutarci a comprendere meglio la grandezza e le differenze tra questi artisti.
Bertel Thordvaldsen, Il Giorno (1821), marmo di Carrara, diametro 72 cm; Pinacoteca Tosio Martinengo (Brescia)
Bertel Thordvaldsen, La Notte (1821), marmo di Carrara, diametro 72 cm; Pinacoteca Tosio Martinengo (Brescia)
Particolare da La Notte
Nelle due immagini soprastanti, due opere di Thordvaldsen esposte nella Pinacoteca Tosio Martinengo. Si tratta di due bassorilievi acquistati dal conte Paolo Tosio per il suo palazzo, direttamente dallo studio dell'artista.
Le due opere, raffinatissime, sono incantevoli per la loro eleganza e ricerca di perfezione profondamente classiche.
Ne Il Giorno, vediamo la figura alata dell'Aurora che sparge rose, alludendo ai tenui colori che assume il cielo al sorgere del sole. Sulle sue spalle vi è la figura di un bambino alato, il Giorno, che tiene in mano la fiaccola della luce.
Ne La Notte, la personificazione corrispondente, sempre alata, sorregge due bambini addormentati.
Sul capo sono visibili alcune capsule di papavero, il fiore del sonno, mentre sullo sfondo, dietro alla figura, vediamo una civetta che, non solo è un uccello notturno, ma è riferimento alla dea Atena.
Le due opere, speculari, condividono elementi tematici e stilistici legati al contesto della Grecia Classica.
Da notare la resa dei panneggi che rendono visibile la presenza di un vento leggero e che ricordano la Nike di Samotracia (opera ellenistica).
Pittura
Jaques-Louis David (Parigi 1748 - Bruxelles 1825)
Il dipinto è stato realizzato da David in tarda età e rappresenta il contesto classico. La scena è ambientata nell'Olimpo, suggerito da elementi architettonici classici immersi tra le nuvole.
In secondo piano ci sono le tre grazie: una sorregge l'elmo, un'altra lo scudo e un arco, mentre la terza sta per offrire a Marte una patera contenente del vino, o forse, dell'ambrosia, il nettare degli dei.
In primo piano Marte, seduto su un'agrippina, viene sedotto da Venere che lo convince ad abbandonare le armi. In basso a destra, Cupido scioglie i calzari di Marte.
Il dipinto è un'allegoria della pace che segue alla guerra.
Jaques-Louis David, Venere disarma Marte (1824), olio su tela (308×262 cm); Museo Reale delle belle arti del Belgio di Bruxelles
Jaques-Louis David, Marat assassinato (1793); olio su tela (165×128 cm); Bruxelles, Museo reale di belle arti di Bruxelles
Jean-Paul Marat, personaggio di spicco della Rivoluzione Francese e grande amico di David, venne pugnalato da Charlotte Corday, la quale riteneva che Marat stesse tradendo gli ideali della Rivoluzione fomentando una guerra civile, e vedeva in lui una personificazione del Terrore.
La donna aveva inviato a Marat una lettera in cui gli chiedeva di essere ricevuta. Dopo una breve conversazione, la Corday pugnalò Marat.
Nel quadro di David dell’assassina non resta traccia, se non la ferita sul petto di Marat, il coltello insanguinato a terra e la lettera con la supplica ancora nella mano del defunto, riverso sul bordo della vasca da bagno, nella quale trascorreva molte ore, per alleviare il fastidio di una malattia della pelle.
L'opera è immersa in una luce caravaggesca ed è molto realistica (osserva il ceppo che regge il calamaio e i panni che coprono la vasca). C’è un forte riferimento all’aspetto del Cristo deposto dalla Croce perché, per David, la morte di Marat, ucciso mentre lavora per la rivoluzione, equivale al martirio. La povertà degli oggetti si riferisce alla povertà in cui viveva Marat, segno della sua onestà e della sua dedizione alla causa della Rivoluzione.
L'opera conobbe subito una grande popolarità, tanto che ne furono richieste numerose copie e la diffusione mediante i mezzi di stampa.
Lettura dell'opera
Jaques-Louis David, Bonaparte valica il Gran Sanbernardo
Jaques -Louis David, Bonaparte valica il Gran Sanbernardo, 4^ versione: 1803. Olio su tela (264 x 232 cm); Museo del Palazzo del Belvedere, Vienna, in origine al Palazzo della Repubblica Cisalpina di Milano
Esistono cinque versioni di questo dipinto: una si trova al Castello della Malmaison, un'altra si trova a Berlino nel Castello di Charlottemburg, due versioni si trovano al Museo Nazionale della Reggia di Versailles, mentre l’ultima si trova nel Palazzo del Belvedere di Vienna.
Napoleone fa realizzare questi ritratti a scopo propagandistico: Napoleone si era fatto realizzare ritratti dipinti e scultorei e li aveva fatti collocare in tutti i luoghi sotto il suo controllo. L’ultimo dipinto, quello che attualmente si trova a Vienna (qui riportato), era stato realizzato per il Palazzo Reale di Milano)
ANALISI DELL’OPERA
Descrizione: il dipinto è ambientato sul Passo del Gran Sambernardo.
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Sullo SFONDO il cielo è attraversato da nuvole illuminate dal sole; in lontananza si vedono le Alpi.
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Nel piano più avanzato si vede un piano di roccia inclinato su cui si trova la figura imponente di Napoleone su un cavallo bianco con le zampe anteriori sollevate. Con la mano sinistra trattiene con sicurezza le redini del cavallo, mentre, col braccio destro sollevato, indica la direzione in cui si sta muovendo l’esercito e allo stesso tempo, incita i soldati a proseguire. Dietro lo sperone di roccia si vedono i soldati che con fatica trascinano i pesanti cannoni (si vedono spuntare le ruote dell’affusto).
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Napoleone guarda in avanti, verso lo spettatore
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Il cavallo è rivolto verso sinistra, come il braccio destro sollevato.
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Nella COSTRUZIONE DEL QUADRO il profilo della roccia taglia il quadro con una linea obliqua che va dall’angolo in basso a destra e sale verso sinistra: il sentiero su cui si muove l’esercito è in salita. Questa linea di forza obliqua rende il quadro DINAMICO.
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La figura di Napoleone a cavallo occupa quasi tutto lo spazio del quadro. È una figura imponente, MONUMENTALE con cui David ci vuole far capire che Napoleone è protagonista della storia (storia intesa non come un romanzo, ma come la serie di eventi che costruiscono la storia dell’umanità). Napoleone indossa l’uniforme da ufficiale dell’esercito francese e un mantello avvolto intorno al corpo per proteggersi dal freddo invernale.
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In primo piano, a sinistra, su una ROCCIA sono incisi i nomi di Annibale e di Carlo Magno, insieme a quello di Bonaparte.
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Sono vari gli elementi dinamici nel quadro:
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la linea di forza obliqua del profilo della roccia,
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il cavallo che si impenna,
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la coda e la criniera del cavallo mosse dal vento
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il braccio sollevato di Napoleone
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il mantello di Napoleone che sventola come una bandiera, sempre verso sinistra
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alcune nuvole più scure nel cielo che hanno una forma sottile e che anch’esse puntano verso sinistra
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il CAVALLO scalpita, vuole correre in avanti; non è spaventato, ma piuttosto pieno di energia. Napoleone lo trattiene per poter accompagnare il cammino faticoso dei soldati. Trattenendolo, Napoleone mostra la sua forza di volontà, il suo dominio sugli eventi.
LA STORIA: Napoleone Bonaparte, primo console della Repubblica francese, attraversa le Alpi per raggiungere la pianura padana dove si scontrerà con Gli Austriaci, sconfiggendoli nella battaglia di Marengo (Seconda Campagna d’Italia).
Il viaggio viene fatto d’inverno, su sentieri ripidi e coperti di neve. L’esercito viaggia di notte per cercare di non provocare valanghe. I pesantissimi cannoni dovranno essere smontati dai supporti (affusti) e caricati su slitte costruite con tronchi d’albero scavati; ogni slitta è trascinata da dieci soldati.
Sulla roccia i nomi di Annibale e Carlo Magno, che avevano fatto lo stesso percorso per giungere in Italia in campagne militari passate alla storia, sottolineano che anche l’impresa che sta per compiere Napoleone sarà ricordata.
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Annibale, comandante dei cartaginesi, nel 218 a. C., all’inizio della Seconda Guerra Punica aveva invaso l’Italia proprio passando attraverso le Alpi con un immenso esercito accompagnato dagli elefanti per prendere i Romani alle spalle.
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Carlo Magno, re dei Franchi, valica le Alpi per attaccare l’esercito di Desiderio, re dei Longobardi che sconfigge nel 774.
Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban 1780 – Parigi 1867)
Ingres fu allievo di Jaques-Louis David (1748 - 1825) che lo introdusse nell'estetica neoclassica. Nella sua pittura l’insegnamento di David viene rielaborato in un modo personale, rinunciando a ogni messaggio morale e politico (presente nelle opere di David) per esaltare semplicemente un ideale di bellezza che rimanda a Raffaello.
La luce e il colore delle opere di Ingres, nonché la perfezione tecnica del disegno destano grande ammirazione nella società parigina, dove ben presto diventa uno dei pittori più richiesti dalle dame per ottenere un ritratto.
Ingres, di origine borghese, sarà il pittore della borghesia ricca che si affaccia sulla scena della società e che può permettersi di farsi ritrarre, come fino a poco fa solo i nobili potevano fare.
Nell'opera che prendiamo in esame, sono evidenti i punti di riferimento di Ingres che lo accompagnano in tutta la sua produzione: oltre al principio del bello ideale, derivato dall'arte greca del periodo classico, la scultura romana (specialmente quella dei monumenti celebrativi) e, accanto a questi riferimenti colti, vi sono alcuni artisti - Raffaello, non per niente l'artista considerato il più vicino alla classicità nel Rinascimento, e Jan Van Eyck, per l'uso di colori intensi e luminosi e per la tecnica impeccabile.
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Napoleone sul trono imperiale (1806); olio su tela, 260 x 163 cm, Musée de l'Armée, Parigi
LETTURA DELL'OPERA
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L’opera di Ingres è un ritratto a figura intera, ambientato in un interno poco illuminato, nel quale una luce molto intensa cade sul soggetto e rivela molti particolari.
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il formato del Ritratto di Napoleone è una tela rettangolare, disposta in verticale. Questo permette al pittore di sottolineare la tensione verso l’alto del soggetto, solitario e sostanzialmente immobile al centro della scena
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il soggetto è posto al centro del quadro e si staglia in modo ben definito su uno sfondo molto scuro, che ci ricorda i ritratti rinascimentali, in particolare quelli di Antonello da Messina che aveva derivato dalla pittura fiamminga l’uso di utilizzare un fondo molto scuro per permettere allo sguardo dell’osservatore di concentrarsi sul soggetto.
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Il soggetto, noi lo sappiamo, è un famoso personaggio storico, Napoleone Bonaparte, rappresentato in modo molto somigliante, così come possiamo vedere confrontando i numerosi ritratti che Napoleone stesso si fece realizzare dagli artisti più in vista del suo tempo.
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Il soggetto, dicevamo, è posto al centro e incorniciato dallo schienale del trono su cui è seduto. La sua postura appare rigida, l’espressione del volto è seria, autoritaria e l’abbigliamento regale sottolinea, anche per la presenza di alcuni attributi, il suo ruolo politico e storico.
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Ingres era pittore ufficiale di Napoleone in Francia e chiaramente quest’opera ha lo scopo di tramandare ai posteri l’immagine di Napoleone Bonaparte non solo come imperatore, ma anche come arbitro della storia del suo tempo.
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Un elemento da non trascurare nel quadro è dato dalla collocazione del trono sopra un piedestallo ricoperto da un tappeto decorato con elementi simbolici. Il piedestallo contribuisce a sottolineare il senso di superiorità del personaggio rappresentato, ma è anche legato ad un aspetto documentario: Napoleone non era molto alto di statura e nei ritratti veniva sempre rappresentato con degli stratagemmi che potessero rappresentare la sua statura politica e militare, sicuramente maggiore di quella fisica. L’osservatore che dovesse trovarsi di fronte a quest’opera, si troverebbe idealmente ai piedi della scalinata, sovrastato completamente dalla monumentale figura dell’Imperatore.
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Il quadro è ricco di elementi simbolici, molti dei quali si riferiscono ad un contesto antico, romano, in particolare. Si tratta di elementi che sottolineano il potere: l’alloro che decora l’arco superiore della spalliera del trono, così come la corona, sempre di alloro, sul capo di Napoleone – quella corona che veniva messa dalla dea Vittoria sul capo degli eroi che si erano distinti sul campo di battaglia e che qui allude alle tante vittorie riportate da Napoleone. È un modo per sottolineare che l’autorità di Bonaparte non viene semplicemente per diritto di nascita, come accadeva nella monarchia ereditaria, ma è dovuta al valore dell’uomo. Dal punto di vista storico, questa corona ricorda quella degli imperatori romani.
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Altri riferimenti al contesto romano sono i braccioli del trono, descritti come lesene scanalate sormontate da capitelli corinzi, arricchiti dall’aquila, che ritroviamo anche sul tappeto ai piedi di Napoleone. L’aquila era il simbolo dell’Impero Romano e compariva sulle insegne che l’esercito portava in battaglia. Sempre sui braccioli sono visibili due globi. Il globo sormontato dalla croce era fin dal medioevo segno che il potere politico di re e imperatori derivava dalla volontà divina. Nell’opera di Ingres questo globo non è sormontato dalla croce, a sottolineare come il potere di Napoleone fosse totalmente indipendente dalla Chiesa.
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Soffermandoci più da vicino sulla figura di Napoleone, possiamo notare che il suo abbigliamento è caratterizzato da un ampio mantello di velluto rosso foderato di pelliccia d’ermellino. Il colore rosso allude al colore porpora utilizzato fin dal tempo dei romani per indicare il potere politico. Il mantello è inoltre finemente ricamato in oro con le api, simbolo dei re merovingi – i primi re di Francia. Nella mano destra, Napoleone regge uno scettro decorato alla sommità da una statuina di Carlo Magno: la presenza delle api e di questo riferimento a Carlo Magno, indicano la volontà di Napoleone di rinnovare il potere politico andando alle radici della storia francese, quando i re erano condottieri indomiti e non nobili molli e superficiali, abituati a vivere di rendita alle spalle del loro popolo.
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Appoggiato alla coscia sinistra, sta un altro scettro, sormontato da una mano semi-chiusa: è l’antico scettro dei re di Francia che indica il potere giuridico, collegabile anche all’ermellino, ancor oggi utilizzato dai giudici come segno del loro potere, e alla bilancia, intessuta nel tappeto. Al fianco, Napoleone porta una spada ispirata a quella di Carlo Magno e il cui fodero è decorato con oro e pietre preziose. Chiaramente, la spada allude al potere militare
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Sul tappeto è visibile anche un tondo in cui si può leggere il profilo di un’opera di Raffaello, la Madonna della seggiola. Qui Ingres ha voluto mettere bene in evidenza il suo riferimento artistico all’artista rinascimentale più ‘classico’, Raffaello, appunto, quale suo maestro.
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Nella pittura di Ingres tutto appare descritto in modo minuzioso e perfetto. Come vedremo però, la limpidezza della rappresentazione non descrive una realtà realmente esistente, quanto piuttosto una realtà fortemente idealizzata.
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La composizione del Ritratto di Napoleone, col soggetto saldamente posto al centro del quadro è fortemente simmetrica e quasi bloccata, ma il pittore, per evitare la troppa staticità di una simile composizione, introduce due linee di forza divergenti, date dai due scettri. Con questo espediente, riesce a conferire un certo dinamismo, che potremmo definire razionale e controllato.
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Tale dinamismo è sottolineato anche dall’andamento del mantello e dalla contrapposizione del braccio destro alzato e di quello sinistro a riposo oltreché del piede sinistro poggiato sul cuscino, sul quale Napoleone sembra stare per caricare il proprio peso nell’atto di alzarsi.
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Nel quadro di Ingres abbiamo colori vivaci e luminosi. I colori prevalenti sono il rosso porpora (accostato in basso ad un caldo arancione), il bianco e l’oro, che spiccano su uno sfondo in forte penombra. Sono presenti anche il blu e l’azzurro.
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Ingres stende i colori in modo uniforme, senza lasciare segni evidenti delle pennellate; i passaggi cromatici nelle zone più o meno illuminate sono molto graduali e morbidi.
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Il modo usato da Ingres per definire con precisione ogni aspetto del proprio dipinto è molto razionale, anche nella stesura del colore che accompagna anche tecnicamente la ricerca di una bellezza ideale.
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L’opera di Ingres è in tutto e per tutto Neoclassica
Il dipinto di Ingres è molto razionale; la composizione mira all’equilibrio; il personaggio di Napoleone è fortemente idealizzato e i tanti elementi simbolici guidano il fruitore ad una lettura precisa dell’opera. Anche l’uso del colore, e la tecnica esecutiva, risentono fortemente della razionalità e della scelta di riferirsi ai modelli classici.